Non è come nel 2019, non stiamo per rivedere la replica dello stesso film. A fare la differenza rispetto al passato però non saranno nè le varianti nè la gravità più o meno forte dei contagi. Ma tutta l'esperienza che abbiamo maturato in questi tre anni di lotta al Covid. Abbiamo le cure, abbiamo i vaccini, sappiamo come gestire protocolli che all'epoca della prima emergenza erano dei perfetti sconosciuti. E soprattutto, abbiamo commesso così tanti errori che sapremo (si spera) non ripeterli.
LE TEMPISTICHE
Fondamentale, per evitare che i focolai dilaghino, sono i tempi. Il virus è sempre più veloce di noi, quindi l'unica speranza per batterlo è giocare d'anticipo. In passato però i tracciamenti dei casi arrivavano in ritardo. Questa volta le attività di screening vengono fatte a priori. E ben vengano, che ne dica l'Unione europea, arrivata addirittura a puntualizzare che i controlli ai passeggeri cinesi in aeroporto sono «ingiustificati».
LE PRESCRIZIONI
Ci sono volute un paio di ondate di Covid per riuscire a somministrare le cure dei farmaci antivirali nei tempi giusti. Prima i passaggi erano talmente lenti e complicati (medico di base, farmacia ospedaliera e autorizzazione del reparto) da sforare le 48 ore dal primo tampone, tempo oltre il quale le terapie non si rivelavano più così utili. È vero che oggi per curare le varianti in circolazioni (tutte della famiglia Omicron) bastano nella maggior parte dei casi farmaci comuni, ma è bene sapere che finalmente disponiamo di un meccanismo di prescrizione oliato.
I VACCINI
Il cattivo esempio della Cina - dove un'alta percentuale di popolazione non è vaccinata o lo è con vaccini poco efficaci - dovrebbe farci apprezzare ancora di più il valore dello scudo dei vaccini. Uno perchè evita casi gravi, due perchè stoppa sul nascere i contagi e quinti l'eventuale nascita di nuove varianti. Da qui i numerosi inviti al Governo perchè sia meno timido nel rilanciare la campagna vaccinale e sproni alla quarta dose, finora mai decollata e fatta solo dal 9,4% della popolazione (la terza è stata somministrata al 68,2%).
I DECRETI
Poche decisioni ma buone. Forse è mancato questo negli scorsi anni. I decreti emanati correggevano quelli precedenti a distanza di due settimane creando confusione e sfiducia. Oppure, per accontentare tutti, non prendevano le decisioni necessarie. Non solo, tante volte si è avuta la sensazione che ogni regola restrittiva arrivasse «a buoi scappati», sulla base di dati di 15 prima, troppo tardi.
Di contro, anche le restrizioni, una volta stabilite, sono durate fin troppo (ad esempio le mascherine a scuola). Se mai dovessero aumentare i casi, si spera che tra le decisioni del governo e i dati scientifici ci sia un gap inferiore.
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