Depressione e vuoti di memoria. Ecco i danni del virus al cervello

Studio del San Raffaele su 150 pazienti: l'80% ha sofferto di deficit neurologici e cognitivi, disorientamento e ansia

Depressione e vuoti di memoria. Ecco i danni del virus al cervello

Lo strascico lasciato dal Covid, soprattutto nei casi più gravi, non riguarda soltanto il tono muscolare e l'apparato respiratorio. Colpisce anche il cervello, con problemi neurologici per cui serve una fitta riabilitazione per tre o sei mesi. E con disagi a livello psichico che si trascinano anche quando il paziente riesce a tornare a casa. Se ne sono accorti i medici del San Raffaele di Milano, dove è stato creato il primo reparto di riabilitazione per i pazienti Covid ancora infettivi. E bisognosi di cure di ampio respiro rispetto a quelle salva vita della terapia intensiva.

L'80% dei pazienti - per la maggior parte over 70 - ha manifestato deficit neurologici e cognitivi, dalla perdita di memoria alle difficoltà a concentrarsi o a mantenere l'attenzione. «Questo è dovuto alla scarsa ossigenazione durante la fase acuta della malattia - spiega Sandro Iannaccone, direttore del dipartimento di Riabilitazione dell'Irccs San Raffaele - Per di più la terapia intensiva crea disorientamento nei pazienti, perché non permette di distinguere il giorno dalla notte. Per questo è fondamentale un percorso di riabilitazione, per recuperare le funzionalità. Quando i pazienti lasciano il reparto e tornano a casa, li seguiamo a distanza con un'app grazie alla quale possono fare esercizi quotidiani utili al fisico e alla memoria».

Un altro problema comune a quasi un malato su due è la depressione. E quella non si cura in qualche giorno. I medici si sono resi conto che è meno frequente nei pazienti che sono stati sedati durante la terapia intensiva e che quindi non si sono resi conto dell'inferno che avevano attorno. Viceversa, è molto acuta in quelli che, durante la loro degenza, hanno visto morire i compagni di reparto, hanno assistito alle corse di medici e infermieri per soccorrere i malati, hanno vissuto le ore più concitate degli ospedali. Con parecchia paura, scene traumatiche sotto gli occhi e tanta solitudine. «Per questo - spiega Iannaccone - abbiamo formato un'équipe multidisciplinare di infermieri e medici specialisti, che comprendono fisiatri, neurologi, neurochirurghi, pneumologi, neuropsicologi, psichiatri, cardiologi, otorinolaringoiatri, fisioterapisti e nutrizionisti». Anzi, particolarmente importante la funzione del nutrizionista. Durante la malattia, la perdita di peso dei pazienti è notevole. Lo è negli asintomatici (che probabilmente, a causa della mancanza di olfatto e gusto, sono meno invogliati a mangiare), figuriamoci nei pazienti che sono stati allettati per settimane. Sta quindi ai medici riabituare il corpo a nutrirsi e a recuperare le energie necessarie a combattere definitivamente la malattia. Il reparto ha seguito 150 pazienti ed ora ha chiuso perchè finalmente non si registrano più nuovi arrivi. «Siamo comunque pronti a ripartire non appena ce ne sarà bisogno, sperando ovviamente non serva» specificano i medici. Lo stesso modello del San Raffaele è stato seguito a Cleaveland, dove è stato aperto un reparto «gemello».

Parallelamente, i medici dell'asst Gaetano Pini di Milano, guidati dal chirurgo vascolare Gabriele Di Luca, hanno rilevato negli ultimi mesi un aumento di casi di trombosi venosa, ma non tra i pazienti contagiati dal virus. Si tratta dei pazienti che non hanno potuto essere operati durante i mesi di emergenza Covid e che sono stati chiusi in casa senza fare movimento.

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