Il senatore che lotta per ricordare le vittime delle marocchinate

Il senatore Massimo Ruspandini è in prima linea per l'istituzione di una Giornata nazionale in ricordo delle vittime delle marocchinate. Dalla destra sociale al melonismo doc, ecco la parabola dell'uomo che ha vinto nella Stalingrado del Lazio

Il senatore che lotta per ricordare le vittime delle marocchinate

Un passato nella corrente della destra sociale, ma un presente da meloniano doc: il senatore Massimo Ruspandini conosce bene la recente storia della destra italiana, perché l'ha vissuta da militante prima e da protagonista poi. Non è un politico che fa del dialogo un punto fermo: è anche capace di strappi e toni radicali.

Per esempio, Ruspandini non ha mai fatto mistero di guardare con profondo scetticismo a certo centrismo liberale che ha accomunato alcune fasi ideologiche di Alleanza Nazionale. Quello della scissione "futurista" di Gianfranco Fini - la breve vicenda di Futuro e Libertà -, da cui Ruspandini si è tenuto più che alla larga. ma anche l'ondata di neo-gollismo alla Sarkozy terminata in un nulla di fatto. Più in generale, verrebbe da dire che gli aggettivi "liberale" o "moderato" non sono adatti per il parlamentare ciociaro, che sembra fiero di essere un rivoluzionario, inteso alla maniera della destra sociale.

A ben vedere, non era neppure detto che Ruspandini aderisse a Fratelli d'Italia: se non altro perché il senatore, sin dalla giovane età, è stato uno dei membri di spicco, almeno per il territorio politico laziale, della corrente della destra sociale. Per capirci: l'area che faceva riferimento a Gianni Alemanno ed a Francesco Storace e che proviene dalla piattaforma ideologica di Pino Rauti. Lo stesso ambiente politico-ideologico che ha provato a contrapporre Carlo Fidanza, oggi capogruppo ed europarlamentare per Fdi a Strasburgo e Bruxelles, a Giorgia Meloni, durante il congresso di Viterbo del 2004, l'appuntamento congressuale che ha sancito per la prima volta la leadership nazionale della "ragazza della Garbatella" e a cui Ruspandini ha partecipato da delegato. Per quanto all'epoca si trattasse "solo" di Azione Giovani, dunque del giovanile di An. Al netto delle sottili differenze, l'esponente di Fdi ha capito subito che la strada della Meloni si sarebbe rivelata decisiva per la salvezza della destra italiana.

Certo, gli screzi tra i "sociali" e i "gabbiani" - la corrente in cui la Meloni si è formata - sarebbero durati fino a qualche anno fa, quando è diventato chiaro a tutti che, senza l'attuale presidente dell'Ecr, la destra italiana sarebbe scomparsa, ma Ruspandini ha evitato ogni frizione, perché ha creduto sin da subito nella Meloni. Esiti elettorali e sondaggi gli hanno dato ragione. E questo è il piano nazionale. Prima di accedere ai palazzi che contano, il senatore ha costruito dal basso una comunità che ha fatto cambiare colore politico ad una cittadina rosso massimalismo.

La vicenda del senatore è legata ad una città particolare: a Ceccano hanno vinto per decenni i comunisti. Badate bene: non il centrosinistra, bensì i comunisti. Chiamata da tutti la Stalingrado della Ciociaria, Ceccano ha iniziato a virare a destra con l'avvento del Popolo della Libertà, partito di cui Ruspandini è stato uno dei leader provinciali. Una città che ha rifiutato i democristiani nella democristianissima Ciociaria e che, con l'avvento di Ruspandini e della sua comunità giovanile, è divenuta una roccaforte degli ex An.

La consacrazione di quello che era stato solo un sentore è arrivata con la nascita di Fratelli d'Italia: con Fdi, il centrodestra a Ceccano ha vinto due elezioni comunali consecutive. Tra il primo ed il secondo trionfo, Ruspandini è stato eletto a Palazzo Madama. Risultati in barba ad ogni pronostico, che sono stati costruiti grazie ad una rottamazione generazionale della classe amministrativa.

Il senatore non è mai stato un atlantista, un liberista e con ogni probabilità non sarebbe contento di sentirsi dare del conservatore: l'esponente di Fdi è espressione di una destra di popolo che ha sì svoltato a Fiuggi, ma senza rinunciare alla sua identità. Quella ceccanese è una destra radicata nella sua provenienza e, nel corso di questi giorni, la figura del senatore è balzata agli onori delle cronache per via della istituzione di una giornata dedicata alle vittime delle marocchinate. Parliamo di una pagina della storia tanto tremenda quanto dimenticata, che forse manca di un riconoscimento istituzionale pieno. Fratelli d'Italia, con Ruspandini in testa, è da tempo all'opera per scavare tra le documentazioni che provano l'efferratezza dei comportamenti dei "liberatori" e delle statistiche.

Sappiamo solo che ad essere state stuprate da alcuni reparti dell'esercito francese durante la seconda guerra mondiale sono state migliaia di donne. Il sud della Ciociaria è stato interessato più di altre zone da quelle violenze, che hanno riguardato anche bambini e sacerdoti. I goumier avrebbero potuto vantare un diritto bellico di stupro. Ma non tutti, anche a distanza di tempo, considerano accettabili le ferite inflitte. Ceccano è tra i primi (se non il primo) comuni d'Italia ad aver istituito una giornata dedicata al ricordo delle vittime: l'atto è divenuto ufficiale qualche giorno fa. Ruspandini, dal canto suo, è anche impegnato al Senato, dove vorrebbe far passare una proposta di legge per una Giornata del ricordo su base nazionale. Non sarà semplice. Quanto ottenuto sulle foibe, però, insegna che i buchi dei libri di storia possono essere riempiti.

Lucio Fiordaliso è il sindaco di Patrica, una delle realtà cittadine ciociare più colpite dalle marocchinate: "La forza di Massimo - ci racconta il primo cittadino, che di Ruspandini è anche il cugino - è sempre stata l'esigenza di stare in mezzo alla gente. Lo ricordo nei conflitti ideologici durante le vigilie di Natale in famiglia, tra i banchi di scuola, in mezzo a gente più anziana di lui. Difendeva le sue ragioni con una energia misteriosa, energia con lo ha mai abbandonato. Sapeva stare lì al centro, mai defilato". Un accentratore, quindi, e un militante per vocazione.

Sì, ma noi siamo in cerca di aneddoti: "Mi ricordo quando affittò un castello per una serata di musica (alternativa, ndr). Coinvolse me e l'attuale assessore all'Ambiente di Ceccano Riccardo Del Brocco nell'organizzazione. Eravamo giovani ed entusiasti, il problema che lui se ne andò a Cuba in vacanza e tornò il giorno prima della serata. Disse che avremmo dovuto cavarcela da soli. Massimo è anche questo, prendere o lasciare". Cuba è una meta a cui solo dalle parti della destra sociale avrebbero potuto ambire.

Del resto Massimo Ruspandini ha aderito al Fronte della Gioventù, pur provenendo da una famiglia di socialisti. Oggi il senatore torna alla ribalta per via della sua battaglia in ricordo delle vittime delle marocchinate.

C'è stato almeno un altro episodio, molto diverso da quello odierno, per cui la cronaca nazionale si era interessata a Ruspandini: nel 2006 un comitato civico di cui l'alleanzino faceva parte ha dato fuoco al "Codice da Vinci" di Dan Brown. Il tutto - immaginiamo - in nome della difesa del'identità cristiano-cattolica secondo i canoni dei critici dell'opera. Essere rivoluzionari - come ha insegnato D'Annunzio - prevede una certa platealità.

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