"Dialogo strategico" su armi nucleari e cyberconflitto. Ora la Cina fa paura

Faccia a faccia più breve del previsto: due ore. I leader d'accordo: "La guerra fredda non è interesse di nessuno". Ma sull'Ucraina e sul caso Navalny le posizioni sono inconciliabili

"Dialogo strategico" su armi nucleari e cyberconflitto. Ora la Cina fa paura

Le poche attese da riporre nel vertice tra Joe Biden e Vladimir Putin sono state, in ultima analisi, confermate. Le distanze tra la Casa Bianca e il Cremlino rimangono enormi anche dopo queste due ore di colloquio personale a Ginevra, ma alcuni punti sono stati comunque fissati: gli ambasciatori dei due Paesi torneranno nelle loro sedi, i due Paesi si consulteranno sulla delicata questione della cybersicurezza, sono stati definiti nei dettagli gli impegni per discutere seriamente dei rispettivi arsenali nucleari e più in generale di armamenti una questione che riguarda noi europei molto da vicino, considerati certi atteggiamenti muscolari di Mosca.

Nemici sì, ma civilizzati. «Sì al dialogo strategico». Come ha ben spiegato Biden nella sua conferenza stampa dopo i colloqui distinta e separata da quella di Putin, a differenza di quanto accadde quando al suo posto c'era Donald Trump il punto è «lavorare per progressi significativi nelle relazioni tra Mosca e Washington (scese a un punto così basso da far evocare scenari da guerra fredda), ma senza rinunciare ai principii e nemmeno però ricorrere a iperboliche minacce». Parlarsi, ma facendo sapere chiaramente a Putin che l'America risponderà colpo su colpo a ogni tipo di attacco. Come anticipato: nessun disgelo, nessun retorico bisogno di chissà quale fiducia reciproca tra campi distantissimi, ma il tentativo concretissimo di verificare le possibilità di gestire i reciproci interessi in un quadro più stabile. E naturalmente riducendo i rischi di conflitti involontari.

Biden ha molto insistito sull'importanza del colloquio faccia a faccia, e anche Putin ha riscontrato la sua disponibilità a lavorare insieme per raggiungere compromessi laddove sarà possibile. Deve però esser chiaro che Stati Uniti e Russia sono e rimangono su posizioni pressoché inconciliabili su molti temi fondamentali, il che rende il lavoro dei rispettivi leader e delle diplomazie particolarmente complesso. Un paio di esempi. Biden ha parlato del caso Navalny l'oppositore di Putin attualmente in carcere dopo aver rischiato di morire in seguito a un avvelenamento per il quale il presidente Usa ha definito «killer» il collega di Mosca come di un esempio di mancato rispetto di regole comuni che dovrebbero essere alla base di rapporti internazionali normali: per questo, ha assicurato, noi continueremo a insistere con i russi sulla sua liberazione oltre che sul rispetto per le libertà politiche e dei media. Putin, invece, ha freddamente ribadito che Navalny (che secondo la sua precisa abitudine non ha mai chiamato per nome) è semplicemente una persona che ha consapevolmente e ripetutamente violato la legge russa, e ha azzardato un paragone invero irricevibile tra il suo caso «criminale» e quello degli assalitori di Capitol Hill nello scorso gennaio a Washington. Altro esempio: l'Ucraina. Biden ribadisce l'impegno americano «incrollabile» in sostegno della sovranità e dell'integrità territoriale (leggi Crimea e Donbass) di quel Paese, ma la linea di Putin rimane quella dell'accusa agli americani di aver favorito un golpe a Kiev.

Su un punto i due leader sembrano essersi trovati d'accordo: non è interesse di nessuno dei due (meno che mai della Russia, che è economicamente molto più debole) tornare al clima della guerra fredda. E questo soprattutto in una fase storica in cui la Cina cresce e diventa protagonista sempre più minaccioso e assertivo della scena mondiale.

È verosimile che Biden abbia cercato di far intendere a Putin che gli converrebbe più un riavvicinamento agli Stati Uniti sia pure in un contesto di rivalità con chiare regole del gioco che un'alleanza con la Cina del tipo «irreversibile e incrollabile» che le sirene di Pechino già danno per acquisita con il Cremlino.

La Russia, è il messaggio di Biden, farebbe la parte del socio debole in questa alleanza tra potenze autocratiche e finirebbe col pagarne il prezzo. Considerato che c'è già chi chiama Xi Jinping Xitler, difficile evitare un triste paragone con pessime scelte del nostro passato nazionale.

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