Una saga infinita. E ogni puntata rivela nuovi intrecci e ragioni d'imbarazzo. La pistola fumante, onestamente, non c'è, nemmeno nel documento mostrato l'altra sera dalla Iene: il progetto di parcella comune a doppia firma, Giuseppe Conte e Guido Alpa. Da più di un anno il capo del governo spiega, cavilla, rettifica alla sua maniera di avvocato puntiglioso, avvolto nel suo linguaggio tecnico, ma più si sbraccia più il conflitto d'interesse strisciante torna a lambirlo. L'ultimo aggiornamento spazia fra il 2002 e il 2009, quando la strana coppia manda al Garante della privacy la missiva ora atterrata sul tavolo delle Iene. Nel testo gli avvocati chiedono su carta intestata a entrambi il pagamento dell'onorario per il lavoro svolto. È questa dunque la prova che esisteva un'associazione professionale sin qui negata a spada tratta da Conte? Il presidente del Consiglio ha mentito?
No e poi no, replica lui in una lunga nota, un po' stizzita. «Non c'è mai stata un'associazione professionale, né formale né sostanziale, fra il professor Alpa e l'avvocato Conte». Non c'era nel 2002, quando il procedimento ha inizio, e neppure nel 2009, sette anni dopo, quando la causa si chiude e i professionisti quantificano la parcella da 26.830 euro. C'erano solo una segreteria comune e un numero di telefono unico nel palazzo di piazza Cairoli a Roma, dove i due avevano il loro quartier generale: Alpa al primo piano, Conte al secondo.
Vicinanza. Contiguità. Un legame forte e duraturo. Addirittura, guarda la combinazione, a prova di trasloco. Prima e dopo. All'inizio, ancora una volta gomito a gomito, in via Sardegna, in seguito in piazza Cairoli. Ma sempre al di qua della linea rossa. Anche rispetto all'ormai famoso concorso che Conte affrontò e vinse proprio nel 2002, spiccando il volo verso l'Università di Caserta e la cattedra di diritto privato. Alpa, il coinquilino Alpa secondo la definizione dello stesso Conte, era nella commissione esaminatrice e non ritenne di farsi da parte. Questioni di stile e di opportunità. «L'avere una struttura logistica comune - nota Vinicio Nardo, presidente dell'Ordine degli avvocati di Milano - è una circostanza che non può essere trascurata a priori e va valutata di volta in volta. Ad esempio, se un penalista difende un imputato, il suo collega con la segreteria in comune non dovrebbe difendere la controparte e lo stesso meccanismo dovrebbe valere nel civile. Nella vicenda del concorso la mossa, ovvero l'astensione, toccava ad Alpa, non a Conte, anche se la scelta di rimanere in commissione non mi scandalizza nel mondo degli atenei italiani, dove si vede ben altro». Sulla stessa linea Andrea Mascherin, presidente del Consiglio nazionale forense: «Per un estremo scrupolo - chiarisce su Radiouno a Un giorno da pecora - il professor Alpa avrebbe potuto non far parte della Commissione». Conte, intanto, sfugge come un'anguilla alle contestazioni e serve un finale a sorpresa: «Il documento esibito dalle Iene è un progetto di fattura, non una fattura». E ancora: «In seguito a quel progetto di parcella fu poi emessa una sola fattura al cliente da parte di Guido Alpa». Nel 2009. Si, Conte decise di non farsi pagare, perché il suo apporto fu marginale. Il premier torna poi sul concorso vinto: era per titoli e la Commissione era composta da 5 membri. Bene, tutti e 5 si espressero a favore di Conte. La questione sembra chiusa, i dubbi restano.
La forma è salva, lo stile però non sembra all'altezza dello standing richiesto. Alpa votò per il candidato vicino di studio, incrociato tante volte nel suo percorso professionale e sulle scale di piazza Cairoli. La bugia non c'è, ma qualcosa non quadra. Alla prossima rivelazione.
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