La diga di Mosul nel mirino di Isis: italiani a rischio

Se crollasse sarebbe un'ecatombe. Nell'area 400 nostri militari e 90 tecnici

Gian Micalessin

Per due mesi è stato un semplice «flatus vocis», una soffiata raccolta da un informatore iracheno e condensata in poche righe nelle segnalazioni d'intelligence passate alle nostre autorità politiche e militari. Ora è un autentico allarme rosso, corredato da dettagliate informazioni su un imminente attacco dello Stato Islamico a quella diga di Mosul dove lavorano una novantina di tecnici della ditta italiana Trevi difesi da 400 nostri militari. Stando ai documenti d'intelligence ripresi dal sito «WikiLao» e altre fonti del Giornale l'ordine di attaccare la diga arriva dallo stesso Califfo Abu Bakr Al Baghdadi che ne ha commissionato i piani al tunisino Saleh Bin Ahmed al-Harbi. Quest'ultimo si sarebbe scelto come comandante operativo il comandante Abdel Aziz Hussein al-Mashadani. Il piano prevede l'impiego di una ventina di pick-up Toyota su cui muovere almeno duecento militanti del Califfato selezionati tra i veterani della Siria.

L'unità denominata «Jazeera Lion Forces» (Forze dell'isola del Leone) e appoggiata da pezzi d'artiglieria da 122 e 130 avrebbe incominciato ad organizzarsi a metà luglio sulle alture di Badush, una quindicina di chilometri a sud della diga, per poi muovere a nord strutturando avamposti e postazioni sotterranee intorno a Qaryat Al Ashiq, Zanazil e Zarnuq. Tra gli armamenti a disposizione di Mashadani anche un carico di missili nascosti in vari camion frigo. Il timore, confermato in parte dalla traslitterazione delle intercettazioni, è che si tratti di missili anticarro Konkurs di fabbricazione sovietica in grado d'attraversare blindature di oltre 12 centimetri e neutralizzare le postazioni difensive della diga. A preoccupare ancor di più sono le tattiche messe a punto da Abu Ammar Al Kheitouni, un ex ufficiale dell'esercito Baath trasferito da Raqqa a Badush per partecipare all'assalto. Al Kheitouni forte dell'esperienza siriana punta sulla costruzione di tunnel sotterranei che potrebbero consentire ai militanti dell'Isis di sbucare davanti, o addirittura dentro la fascia di sicurezza intorno alla diga. La penetrazione delle linee sarebbe preceduta da una serie di attacchi diversivi seguiti da un intenso utilizzo di blindati imbottiti d'esplosivo condotti da attentatori suicidi. L'operazione, fondamentale per aprire i varchi ed incuneare unità di sfondamento, sarebbe affidata a 12 kamikaze ceceni.

La più anomala tra le informazioni raccolte dalla nostra intelligence riguarda l'impiego di donne-cecchino libiche, francesi e somale. L'unico precedente tra le linee dell'Isis è quello di una combattente azera uccisa a maggio a est di Falluja. Le successive indagini dimostrarono che lo Stato Islamico avrebbe incominciato a utilizzare donne soldato in seguito alle perdite subite nella disfatta di Falluja. Proprio le recenti disfatte e i timori di un'imminente offensiva su Mosul spingerebbero il Califfo Al Baghdadi a puntare sulla diga. Il suo piano battezzato, secondo le intercettazioni, «Conquista della Morte» è terribilmente esplicito fin dal nome. Conquistando la diga il Califfo, oltre a infliggere un'umiliante sconfitta a noi italiani e all'intera coalizione, metterebbe le mani su un'autentica arma di distruzione di massa e si garantirebbe la possibilità di una terribile rappresaglia in caso di caduta della «capitale» Mosul.

La diga, già strutturalmente instabile e affidata per questo alle cura dei tecnici italiani della Trevi, potrebbe venir fatta crollare distruggendo con poche cariche esplosive le sue instabili fondamenta. Con quell'atto, degno dell'epopea di Sansone, Al Baghdadi trasformerebbe la vittoria della Coalizione in una sinistra ecatombe capace di far impallidire persino il ricordo dell'11 settembre.

Non a caso martedì il ministro della Difesa Roberta Pinotti, forse suggestionata proprio dai rapporti sui piani dell'Isis, ricordava alla Festa dell'Unità di Catania, che un cedimento strutturale della diga sommergerebbe l'intero Iraq settentrionale allagando Baghdad e trascinando con sé milioni di cadaveri. Realizzando appieno la «Conquista della Morte» sognata dal Califfo.

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