
Nella giornata memorabile di Roma rimarrà l'immagine della bara volutamente semplice di Francesco, il Papa della Pace, e la foto dell'incontro sotto le navate della Basilica di San Pietro tra Trump e Zelensky per trovare una pace per l'Ucraina. E ancora la foto tra il presidente Usa, l'uomo di Kiev, l'inglese Starmer e il francese Macron, i due leader dei volenterosi, cioè dei paesi che sono pronti a garantire con i propri soldati la pace in quel paese martoriato.
Pace è la parola chiave. Fa bene Giorgia Meloni a parlare di giornata storica perché ieri l'impeto della Storia ha scavalcato solennità, forme e obblighi delle cerimonie e addirittura i rituali dei funerali di un Papa. E Francesco lassù in cielo, che ha sempre privilegiato la sostanza allo stile, avrà gradito di sicuro vedere i potenti della Terra adoperarsi per la Pace sotto la cupola di Michelangelo.
Anche perché a Roma qualcosa si è mosso: Trump ha fatto la voce grossa con Putin accusandolo di prenderlo in giro sulla voglia di tregua e minacciando sanzioni per persuaderlo a fare sul serio; Zelensky non ha parlato più di Crimea ma di garanzie di sicurezza; e l'Europa, sì l'Europa, ha battuto un colpo confermando la voglia di assumersi le sue responsabilità, accogliendo l'Ucraina nella Ue e facendo la sua parte per garantire la pace. Risultato: Putin si è detto pronto a trattare senza precondizioni.
Poi certo quando il Palazzo - italiano o globale - entra nelle cerimonie ci sono pure calci negli stinchi, gelosie e dispetti tra potenti. È fatale. Per cui si scopre dal numero delle sedie che l'incontro storico tra le colonne della basilica doveva essere a tre ma che alla fine il presidente Usa con gesti cortesi ma espliciti ha fatto capire a Macron che lo voleva a quattr'occhi con Zelensky. La prova è in un video fornito gentilmente da Palazzo Chigi.
Il presidente francese, però, non si è perso d'animo e finito il colloquio tra i due è tornato alla carica accompagnato dal primo ministro inglese Starmer, strappando la foto dell'incontro a quattro. Ci sta: sono i due Paesi che sono disposti ad inviare i loro uomini sul campo per garantire la pace di Zelensky. Naturalmente l'inquilino dell'Eliseo che in un video della pagina Instagram The Journalai - ieri giravano più filmati che al festival di Cannes - evita la Meloni e saluta Matteo Renzi, ha usato quell'immagine per fare una battuta in francese a qualche amico italiano sul protagonismo della Meloni: «Se l'è cercata». Ma la premier, a cui non manca il carattere, si è rifatta con una passeggiata sotto il colonnato del Bernini davanti alla basilica di San Pietro con l'amico Donald. Immagine coerente con la voglia di competere con la Groenlandia come propaggine europea più vicina all'America. E poi con un incontro a due con Zelensky a Palazzo Chigi. Tanto per non rimanere indietro.
Di questo valzer di colloqui, di questo turbinio di immagini e di foto sotto il Cupolone del Palazzo globale è stato spettatore interessato il Palazzo italiano. La parte governativa ha lodato il piglio con cui la premier ha tenuto fede all'etichetta che non vuole che si mischi il sacro con il profano. «Gli incontri si preparano non si improvvisano», ha rimarcato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Mentre l'opposizione ha dissertato sulle due foto storiche orfane della Meloni. «Le capacità in politica estera di Giorgia - ha concionato Pierferdinando Casini - guardano più all'immagine che alla sostanza». Mentre Paolo Gentiloni e Matteo Renzi si sono intrattenuti sul rischio che il filo-trumpismo riduca le potenzialità dell'Italia in Europa. «Appare isolata», è stato il giudizio del primo. «In futuro sarà anche peggio visto che il nuovo Cancelliere Merz punta sul formato Weimar, cioè sull'asse con la Francia e la Polonia», è stata la previsione del secondo tra una chiacchierata con Biden e uno scambio di saluti con il cardinale Parolin.
Eppure c'è qualcuno che in quel consesso è apparso più ottimista. «Sui dazi - ha pronosticato il Governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, di ritorno da Washington - Trump alla fine si accorderà con tutti».
E visto che ieri a San Pietro c'era una folla di Malachia e di Nostradamus, c'è da registrare anche la Profezia di un comunista sul prossimo Papa. «Sarà un uomo di mediazione come Parolin» è stato il pronostico di Fausto Bertinotti. Anche se tutti sanno che chi entra Papa in Conclave, esce cardinale. Tutto questo è successo sotto l'ombra di Francesco.
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