Il discorso di Joe a un Paese spaccato. E i primi cento giorni mai così complicati

Prima ancora di avere conquistato i 270 delegati necessari per la vittoria, Joe Biden si è impegnato a essere il presidente di tutti gli americani.

Il discorso di Joe a un Paese spaccato. E i primi cento giorni mai così complicati

Prima ancora di avere conquistato i 270 delegati necessari per la vittoria, Joe Biden si è impegnato a essere il presidente di tutti gli americani. Purtroppo per lui, nel suo caso la cosa è molto difficile: il nuovo inquilino della Casa Bianca si troverà infatti a governare un Paese spaccato in due come mai era accaduto dai tempi della guerra di secessione, con una parte degli elettori che hanno votato per Trump che lo considereranno addirittura un nemico. Per quanto abbia collaudate doti di mediatore, e a giudicare dalle sue ultime uscite anche le migliori intenzioni si promuovere una riconciliazione nazionale, il compito che lo attende è difficilissimo, e reso ancora più complicato dal fatto che, vista l'età avanzata (78 anni tra due settimane), avrà a disposizione un solo mandato. I repubblicani stanno già sostenendo che egli è in realtà soltanto un apripista per la sua vice, la senatrice Kamala Harris, figlia di un giamaicano e di un'indiana, che nel partito democratico si colloca molto più a sinistra di lui.

Né i problemi del 46° presidente si fermano qui. A meno che non riescano a strappare ai repubblicani i due seggi della Georgia, per cui si voterà solo in gennaio, i democratici rimarranno in minoranza al Senato, attraverso il quale deve passare tutta la legislazione e che ha un ruolo importante in politica estera. Il capogruppo repubblicano Mitch McConnell ha già preannunciato una guerra senza quartiere; e se, come si dice in queste ore a Washington Trump, dopo essere stato costretto ad accettare la sconfitta, assumerà il ruolo di capo dell'opposizione in vista di una possibile ricandidatura nel 2024, saranno davvero scintille.

Secondo la Costituzione, Biden ha davanti a sé due mesi prima di entrare alla Casa Bianca (due mesi in cui Trump sarà ancora presidente, e farà di tutto e di più per rendergli la vita impossibile). Per prima cosa, dovrà costituire uno staff di consiglieri e designare i nuovi ministri. Come è avvenuto per Trump, anche lui ricorrerà in questo lavoro di selezione all'aiuto della famiglia, cioè della seconda moglie Jill (nonni italiani) e della sorella Valerie, che hanno avuto un ruolo importante in tutte le sue campagne. Le scelte che farà forniranno una prima indicazione su quali saranno i suoi obbiettivi per i primi cento giorni, in cui - per una tradizione che risale a Kennedy il nuovo Commander in chief è chiamato a dare un'impronta alla sua presidenza. Da uomo di centro, che ha sempre evitato di essere coinvolto nelle faide che spesso lacerano i democratici, Biden punterà probabilmente su collaboratori non controversi, ma potrebbe dovere fare concessioni alla sinistra del partito, che pur non essendo uscita bene dalle elezioni per il Congresso continua a promuovere con forza le sue idee.

Due sono le nomine più importanti per capire quanto Biden intende cambiare la politica di Trump: quelle dei segretari di Stato e del Tesoro. Il suo programma prevede un rilancio della Nato e un riavvicinamento all'Unione Europea, e per realizzarlo deve affidarsi a un uomo che creda davvero al ritorno dell'America alle sue posizioni tradizionali. Per adesso, invece, non ci sono segnali di abbandono né del braccio di ferro con la Cina né della politica del dollaro debole invisa all'Europa. É già scontato invece il ritorno degli Stati Uniti agli accordi di Parigi sull'ambiente, che Trump aveva denunciato.

Per Biden i primi cento giorni saranno ancora più importanti che per i suoi predecessori, perché rappresentano la prima occasione di fugare le molte perplessità che la sua canditatura ha suscitato sia negli Stati Uniti, sia a livello internazionale.

Nonostante la prova abbastanza positiva fornita come vice di Obama, la fama che lo accompagna nel cammino verso la Casa Bianca è di un uomo privo di carisma, senza idee ferme, troppo incline al compromesso, poco adatto a gestire i grandi cambiamenti in corso nel suo Paese. Qualcuno, ispirandosi al titolo di un famoso film, lo ha chiamato «leader per caso».

Se non vuole diventare anche un «presidente di passaggio», deve senza dubbio cambiare marcia, ma alla sua età non è facile.

Non solo l'America, ma il mondo intero aspettano con una certa apprensione di vederlo all'opera.

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