Dobbiamo toglierci dalla testa il trapianto di testa

Naturalmente, qualcuno ci aveva già pensato. E in modo molto più articolato di quanto fece lady Mary Shelley con il suo bestione ribelle e ingestibile Frankenstein. La premiatissima ditta Boileau-Narcejac, cioè Pierre Boileau e Pierre Ayraud, giallisti francesi, in ... Et mon tout est un homme , uscito in Italia da Feltrinelli nel 1967 con il titolo Pezzi d'uomo scelti , descrissero il sogno (ben presto diventato incubo) del professor Anton (...)

(...) Marek: trapiantare tutte le parti di un corpo umano per salvare altre vite. Il condannato a morte René Myrtil, delinquente ma in buona salute, si offre per l'esperimento, finalizzato ad «aggiustare» sette vittime di incidenti stradali. Ma per i malcapitati, oltre che per Garric, incaricato dal prefetto di Parigi di sorvegliare la complessa e folle impresa, il ritorno alla normalità risulta, ovviamente, impossibile. E termina con una drammatica serie di suicidi.

Forse sull'avverbio «ovviamente» non concorderà il neurochirurgo torinese Sergio Canavero, il quale ha rilanciato l'idea del trapianto di teste umane. Siccome non ci passa nemmeno per l'anticamera del cervello di considerare l'illustre clinico un fuori di testa, non possiamo far altro che accogliere le sue parole con una miscela (esplosiva) di speranza e di incredulità. In parti non uguali, sia ben chiaro. Come non pensare, infatti, ai numerosi tentativi effettuati, sulle scimmie, dallo statunitense Robert J. White (1929-2010)? Certo, gli interventi tecnicamente riuscivano («tecnicamente» è un avverbio molto più inquietante di «ovviamente» - quando ti dicono che l'operazione è tecnicamente riuscita stai sempre sul chi va là), però i poveri animali dotati di una nuova testa risultavano paralizzati dal collo in giù. La testa trapiantata, infatti, può sentire, pensare e percepire i gusti, ma non può inviare i comandi al vecchio corpo.

L'ideale prometeico di ribellarsi al delicatissimo pantheon della Natura è umanissimo e persino lodevole non soltanto quando si filosofeggia, ma anche e soprattutto quando si fa scienza. Senza la voglia di spingersi oltre i limiti, nessun progresso sarebbe possibile, in nessun campo. Stavolta, tuttavia, il «ma» è grosso come una casa.

«L'unico rigetto possibile - dice Canavero - è quello psicologico». E, visto che la psiche abita dentro quella scatola miracolosa che è la nostra testa, forse è meglio se il trapianto di testa ce lo togliamo dalla testa.

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