Cosa ha spinto un magistrato importante e un esperto investigatore a trasformarsi in talpe, impossessandosi di notizie segrete da passare a giornalisti e a conoscenti? É questa la domanda che incombe sugli sconcertanti sviluppi dell'indagine della procura di Perugia sulla centrale di dossieraggio che aveva preso piede all'interno della Direzione nazionale antimafia, uno degli uffici giudiziari più delicati del Paese. Lì lavora Antonio Laudati, già procuratore della Repubblica di Bari; e al suo fianco, fino all'esplosione del caso nell'estate scorsa, lavorava il luogotenente della Guardia di finanza Pasquale Striano. Da lì sono uscite nel corso degli anni centinaia di notizie coperte da segreto, in buona parte approdate sui giornali.
Striano è indagato da sei mesi, Laudati è stato iscritto più recentemente: per entrambi il reato è di accesso abusivo a sistema informatico, pena fino a cinque anni di carcere; Laudati ha anche le accuse di falso e abuso d'ufficio. Striano e Laudati non sono gli unici inquisiti. Nei sei mesi di indagine gli inquirenti guidati da Raffaele Cantone hanno individuato una serie di beneficiari delle notizie carpite da Laudati e dal suo sottufficiale di fiducia. Nell'invito a comparire inviato a Laudati come complice viene indicato solo Striano, mentre nell'invito notificato al finanziere compaiono tutti i nomi dei co-indagati. Tra questi ci sono anche dei giornalisti che avrebbero ricevuto dal finanziere gli atti «succhiati» al sistema della Dna. Gli unici nomi che trapelano (ma potrebbero esservene anche altri) sono tutti in forza al Domani, il quotidiano di proprietà di Carlo De Benedetti: Giovanni Tizian, Stefano Vergine e Nello Trocchia. Proprio il Domani, peraltro, ospitò lo scoop da cui ha preso il via l'indagine, pubblicando delle Sos (Segnalazione di operazione sospetta) partite dall'ufficio antifrode della Banca d'Italia relative al ministro della Difesa Guido Crosetto. Crosetto reagì depositando una denuncia alla Procura di Roma che - intuendo già allora che potesse esserci di mezzo un magistrato della Capitale - trasmise il fascicolo a Perugia.
Qui l'inchiesta ha fatto il salto di livello, individuando una lunga serie di accessi abusivi compiuti dalla coppia Laudati-Striano, quasi tutti relativi alle segnalazioni di Bankitalia che la Dna, al tempo in cui era guidata da Federico Cafiero de Raho, aveva ottenuto di centralizzare. A Perugia si è fatta anche la scelta, non scontata, di incriminare anche i destinatari degli atti, giornalisti compresi. Secondo l'impostazione dell'accusa, i tre del Domani erano consapevoli, quando si rivolsero alle loro fonti alla Dna, di chiedere documenti coperti da segreto e ottenibili solo violando le procedure. Per questo devono rispondere di concorso in accesso abusivo.
Siamo, come si vede, nel terreno impervio tra diritto di cronaca e segreto da tutelare.
A convincere la procura umbra a seguire la linea dura sono probabilmente state le dimensioni patologiche che le fughe di notizie (non solo a favore del Domani) avevano assunto in Dna. Fughe di notizie che dopo l'incriminazione di Striano sono bruscamente cessate.
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