Draghi punge AstraZeneca: stesse dosi vendute tre volte

Il commissario Breton resta sulla linea dura: «Le fiale restano qui finché l'azienda non rispetta il contratto»

Draghi punge AstraZeneca: stesse dosi vendute tre volte

«Tutte le dosi del vaccino di AstraZeneca rimarranno in Europa fino a quando la società non onorerà i suoi impegni». A confermare il blocco dell'export è il commissario Ue per il mercato interno, Thierry Breton. Bruxelles punta a divenire «leader mondiale nella produzione di vaccini contro il coronavirus entro la fine dell'anno con 52 fabbriche che prendono parte al processo in tutto il Continente», aggiunge Breton.

Ma intanto la Ue (e quindi l'Italia) non riesce a far decollare le campagne vaccinali per carenza di dosi. La soluzione, che però comporta tempi lunghi, sarà quella della produzione interna, come sottolinea anche il premier Mario Draghi: «non si uscirà dallo stallo con il bocco dell'export», è il ragionamento del presidente del consiglio. Il blocco comunque è pienamente condiviso da tutti i paesi membri. Bruxelles con il nuovo regolamento, spiega Draghi, ha anche allargato «la rete in cui possono cadere le società che esportano: prima l'unico requisito per lo stop era il mancato rispetto del contratto da parte della società ma ora la commissione ha allargato il criterio, introducendo le parole proporzionalità e reciprocità». Quindi ad esempio se le fiale sono destinate verso un Paese che ha alta quota di vaccinati possono essere bloccate. Draghi ha però escluso di arrivare a una serrata totale verso il Regno Unito perché si innescherebbe «una tensione politica alla quale non dobbiamo assolutamente arrivare». Il blocco insomma puntualizza il premier agisce sulle aziende anche perché c'è il sospetto che «qualche azienda si sia venduta gli stessi vaccini due o tre volte».

L'allusione ad Astrazeneca è evidente. Sembra però almeno al momento risolto il giallo delle 29 milioni di dosi stoccate nello stabilimento di Anagni. La spiegazione della big pharma è stata avallata dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. «AstraZeneca ha chiarito che dei 29 mln di dosi di vaccino anti Covid individuate nei magazzini della Catalent di Anagni, 13 milioni erano per Covax e 16 milioni per gli Stati membri della Ue- ha confermato la von der Leyen-.La sostanza che è stata utilizzata per il fill and finish nello stabilimento italiano viene dalla Corea del Sud e dalla Cina: è il modo usuale per produrre i vaccini per Covax».

E roprio nell'ottica di favorire la ridistribuzione interna ieri il Comitato per i medicinali per uso umano, Chmp dell' Ema, l'Agenzia europea, ha approvato tre siti di produzione in territorio europeo che fino a ieri non avevano l'autorizzazione per produrre e distribuire in Europa. Si tratta del sito di Halix che si trova a Leida, nei Paesi Bassi, che porterà a quattro il numero totale di siti che producono la sostanza attiva del vaccino Astrazeneca. Via libera anche a un nuovo sito per la produzione di Comirnaty, prodotto da BionTech e Pfizer. Lo stabilimento si trova a Marburg in Germania. Infine è arrivato il parere favorevole anche per la produzione di Moderna presso lo stabilimento di Lonza in Svizzera.

Alle tante difficoltà incontrate da Bruxelles nell'approvvigionamento di vaccini si è aggiunta anche la doccia fredda arrivata con il discorso del presidente Usa Joe Biden. La speranza era quella di una concreta disponibilità del presidente ad esportare sostanziose quantità di vaccini verso l'Europa. Biden ha dichiarato una generica disponibilità a venire incontro alle richieste ma ha anche ribadito che la sua priorità è «mettere la pandemia sotto controllo negli Usa». Quindi la condivisione ci sarà «appena possibile».

Una scelta che colpisce Bruxelles soprattutto per quello che riguarda la produzione di Astrazeneca che oltretutto non è utilizzabile in Usa al momento perché non ha ancora ottenuto il via libera dalla Food and Drug administration.

Se gli Usa chiudono la porta si potrebbe guardare al russo Sputnik. Ma anche su questo fronte il premier spiega che i tempi restano lunghi.

«Non si prevede che l'Ema si pronunci prima di tre, quattro mesi - dice Draghi - E dunque non si prevede che il vaccino sia

disponibile prima della seconda parte dell'anno». Non solo. Le trattative in corso da parte di alcune regioni lasciano perplesso il premier. «Starei attento con questi contratti: c'è in gioco la vita della gente», avverte Draghi.

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