Draghi: "Troppe resistenze". Ma vede un'intesa per maggio "Cerco la pace, sentirò Putin"

Il premier sostiene Sanchez contro Scholz e i nordici e spinge per il "price cap". Sì alla diversificazione: "Fra due settimane il piano".

Draghi: "Troppe resistenze". Ma vede un'intesa per maggio "Cerco la pace, sentirò Putin"

Nonostante le tensioni e le incomprensioni, Draghi sceglie di guardare il bicchiere mezzo pieno. Perché è vero che sull'ipotesi di fissare un tetto comune al prezzo del gas a Bruxelles si consuma uno scontro durissimo, al punto che lo spagnolo Sanchez decide di battere i pugni sul tavolo e lasciare la plenaria del Consiglio Ue inseguito dal presidente Michel. Un braccio di ferro senza esclusione di colpi, con la Germania a guidare il fronte del no insieme a Olanda e Austria. E dall'altra parte la Spagna in tandem con il Portogallo. Ma anche l'Italia, convinta - spiega il premier nel suo intervento - che vada trovato «un punto di equilibrio» su un price cap che tenga insieme le esigenze dei Paesi Ue e delle società energetiche.

Il confronto tra i 27 leader dell'Ue, però, non è affatto facile. Tanto che il Consiglio che ieri sarebbe dovuto terminare verso le 14.30 si prolunga fino a sera. E lo stallo, appunto, si consuma tutto sul delicato tema del prezzo del gas. D'altra parte, spiega Draghi in conferenza stampa, sul fronte dell'energia «la situazione di partenza nei vari Paesi è molto diversa». Non solo tra chi è a favore o contro il tetto, visto che il panorama è variegato al punto che persino Spagna e Italia hanno esigenze diverse. Basti pensare che Madrid - come pure il Portogallo - è molto concentrata sul fronte delle energie rinnovabili, un campo in cui l'Italia è invece in ritardo. E poi «c'è chi dipende più dal nucleare e chi solo da carbone e petrolio». Proprio per queste ragioni, ammette il premier, «la discussione non è stata semplice». Ma è importante che «il risultato non sia stato divisivo», visto che si va «verso decisioni da prendere insieme». Draghi, insomma, si dice «soddisfatto» delle conclusioni del Consiglio Ue. Che nei prossimi due mesi - entro maggio - dovranno diventare delle «proposte» concrete. In questo senso, spiega, sarà importante il passaggio del Consiglio Ue dell'energia cui parteciperanno anche gli stakeholders. E sempre per maggio, è l'auspicio dell'ex numero della Bce, «avremo una proposta della Commissione sulla possibilità di spacchettare la formazione del prezzo dell'energia elettrica da quella del gas», altro aspetto per cui «bisogna aspettare un rapporto del regolatore europeo».

Il premier, invece, è decisamente ottimista sulla diversificazione delle fonti di approvvigionamento. I progressi «saranno rapidi» perché «c'è un grande dinamismo» ed «entro un paio di settimane» l'Italia sarà in grado come governo di «presentare un piano» ad hoc. In questo senso sarà molto importante l'aiuto promesso da Biden che, spiega Draghi, è consapevole del fatto che le sanzioni colpiscano «molto più l'Europa che gli Stati Uniti». Non a caso Washington fornirà 15 miliardi di metri cubi di gas liquido. Adesso, dice quindi il premier, è importante «acquistare altri due rigassificatori», che sono «sostanzialmente» delle grandi «navi galleggianti». Ad oggi, infatti ne abbiamo in funzione solo tre, di cui due piuttosto piccoli.

Sul conflitto, invece, Draghi cita le parole di Papa Francesco e assicura che l'intenzione è quella di cercare la pace («avrò anche io un colloquio con Putin»). Ma bisogna prendere atto che «ancora non c'è stata alcuna manifestazione di cessate il fuoco», anzi anche durante i negoziati «i bombardamenti russi sono continuati». Poi esprime solidarietà al quotidiano La Stampa, denunciato ieri in procura dall'ambasciatore russo Razov che accusa il giornale di istigazione a delinquere. «È l'ambasciatore di un Paese in cui non c'è libertà di stampa, da noi c'è, è garantita dalla Costituzione e si sta molto meglio», taglia corto.

Infine, uno sguardo al fronte interno e alle posizioni di alcuni partiti della maggioranza su Putin. Draghi ci tiene ad evitare polemiche e spiega che «non è il momento di perderci in recriminazioni» perché «in questo ora l'unica cosa che può fare una politica che vuole bene al Paese» è «restare unita».

Parole che qualcuno legge pensando a Conte. L'unico che in questi giorni abbia minacciato di far cadere il governo sull'aumento delle spese militari al 2% del Pil («un impegno - dice l'ex Bce - preso dal governo nel 2006 e sempre confermato»).

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