Draghi: "Trump mette in discussione la sicurezza Ue". La Lega lo contesta

L'ex premier in Parlamento: "Acquisti comuni di armi ed eserciti coordinati"

Draghi: "Trump mette in discussione la sicurezza Ue". La Lega lo contesta
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Insomma, nostalgia canaglia. «Presidente ci manchi», gli dice proprio così, di getto, Davide Faraone . E Carlo Calenda, intercettato in un corridoio del Senato: «Aridatece Super Mario. Ha spiegato che cosa va fatto, come e anche quando, perché l'arrivo di Trump ha accelerato tutto».

A Palazzo Madama lezioni ed emozioni, con Draghi che torna dove quasi tre anni fa è caduto il suo governo per parlare di investimenti, competitività, debito condiviso, della battaglia sui dazi «che non ci conviene» e soprattutto di sicurezza. «La nostra oggi è messa in dubbio dal cambiamento nella politica estera degli Usa. Siamo più soli, la difesa comune è un passaggio obbligato». Ma la Lega lo contesta. «Evidentemente non conosce le periferie italiane. Il problema non è Trump, ma i troppi clandestini che l'Europa ha fatto entrare in casa». E Claudio Borghi: «Non voglio che mio figlio vada in una guerra decisa da Macron».

Che dire? Salvini all'epoca era un suo alleato. La Meloni invece era all'opposizione, eppure adesso, un'ora più tardi, nel suo discorso sul prossimo Consiglio europeo, fa sue alcune affermazioni del professore sulla burocrazia di Bruxelles e la guerra commerciale. «L'Unione non può sopravvivere soffocata dalle regole. E con i dazi non si avvantaggerebbe nessuno, in particolare una nazione esportatrice e in surplus come l'Italia». Quasi le stesse parole.

E così Draghi, nel giorno del grande ritorno, appare sempre di più un Ufo, un corpo estraneo alla politica. Due ore e mezzo è il tempo fissato dalla presidenza del Senato per la sua audizione di fronte ai componenti di tre commissioni, Affari Ue, Bilancio e Attività produttive per illustrare il piano sulla competitività dell'Unione commissionato da Ursula von der Leyen, però già verso mezzogiorno e trenta si avvertono i primi segni di distrazione, forse qualche languore. «Sentite, vedo che guardate l'orologio - scherza ma non troppo l'ex capo del governo -. Quindi vi ringrazio per l'attenzione e chiudiamo qui». Giulio Terzi di Sant'Agata, che conduce i lavori, prova a mettere una pezza. «Presidente, ovviamente non ci sono limiti di tempo per lei». Ma molti parlamentari si sono già alzati.

Restano comunque due ore e mezzo molto intense, nelle quali Draghi dà una forte scossa al dibattito sulla difesa. Non c'è più tempo, dice, visto che la nostra sicurezza è «messa in discussione» dal disimpegno americano, proprio mentre Mosca «ha dimostrato di essere una minaccia concreta». Per non parlare del commercio: l'ordine internazionale è «sconvolto dal protezionismo». E se sui dazi occorre prudenza, evitando di farci male da soli con le ritorsioni, diventa urgente, «inevitabile» riempire il buco militare, dotandosi di una forza comune e superando il meccanismo dell'unanimità dei 27 Paesi. Le mosse di Trump se non altro ci obbligano ad agire in fretta perché Washington ha lasciato l'Europa sola all'Onu sulla risoluzione a difesa dell'Ucraina e ora sono in gioco i «valori costituenti». Lui comunque ha una ricetta per riarmare la Ue senza fallire, senza tagliare la sanità e senza aspettare un ipotetico esercito europeo: «Acquisti comuni di armi e una catena di comando per coordinare le truppe nazionali».

Il sistema di approvvigionamento va centralizzato. Aerei, missili, satelliti, droni, tecnologia. Bisogna superare «un frazionamento deleterio» che oggi ci rende dipendenti dall'ombrello statunitense. Certo, «ci sarà una perdita di sovranità nazionale», però tanto da qualcosa si doveva pur cominciare nel condividere. I vantaggi saranno superiori ai danni. I costi? Altissimi, pure più degli 800 miliardi previsti.

Per questo, secondo l'ex numero uno della Bce, «il debito comune è l'unica strada per tenere insieme Paesi con elevato margine di bilancio e quelli indebitati». Servono inoltre capitali privati per l'innovazione. E l'Italia deve tagliare le bollette energetiche. «Non possiamo solo aspettare riforme europee».

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