Droga e telefoni ai detenuti. Il pusher era il loro garante

Ioia in manette con altri otto: riceveva 850 euro a consegna. "Così compro il motorino a mio figlio"

Droga e telefoni ai detenuti. Il pusher era il loro garante

Hashish per un valore di almeno 10mila euro consegnato a due detenuti di Poggioreale durante i colloqui. È solo una delle accuse nei confronti di Pietro Ioia, Garante dei diritti dei detenuti di Napoli, fra gli otto arrestati dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Castello di Cisterna per cellulari e droga che venivano recapitati in carcere. L'Arma ha sgominato un'associazione per delinquere operativa all'interno della casa circondariale napoletana. Sei le misure cautelari in carcere e due ai domiciliari emesse dal gip Valentina Giovanniello al termine di un'attività investigativa svolta dal giugno 2021 al gennaio 2022.

«Ioia riceveva indebiti compensi in cambio dell'introduzione in carcere dei telefoni cellulari, compensi che erano corrisposti dai detenuti, tramite i loro parenti» spiegano gli investigatori. E già: doveva comprare il motorino al figlio, e «alzava» così il denaro. In una conversazione nella sala dei colloqui, il Garante consegna un telefonino a un detenuto e approva quando scopre che non l'ha messo in tasca ma nelle mutande, così da non farlo trovare. Con questo «sistema» otteneva un corrispettivo di circa 850 euro per ogni consegna, consegne che venivano organizzate settimanalmente. Ma le cose da introdurre dietro le sbarre erano diverse. «Un favore mi devi fare - diceva un'arrestata a Ioia - una mangiata di cannolicchi, li sai? I frutti di mare». Richiesta esaudita dal Garante il 30 dicembre 2021, quando in occasione di un colloquio in carcere, si legge nell'ordinanza «trasporterà, oltre a telefoni e droga, anche i frutti di mare da far pervenire ai detenuti in segno di amicizia». «Alla ripartizione dei ruoli tra gli indagati, corrisponde una equa ripartizione dei guadagni - scrive il gip - secondo accordi predeterminati e fissi: numerosissime sono le conversazioni in cui emergono i compensi pagati a Ioia e quelli trattenuti dalla coppia Massimiliano Murolo e Sonia Guillari per la loro attività di mediazione, rispetto alle cifre corrisposte dai familiari dei detenuti sodali, cifre che poi rientravano con lauti guadagni a seguito della vendita in carcere della merce, attraverso i pagamenti che i familiari dei detenuti acquirenti facevano in contanti o sulle carte poste-pay, in particolare su quelle gestite dalla moglie di Nicola Donzelli, Maria Maresca Cardamone». I sodali utilizzavano un linguaggio in codice comune nel timore che le loro comunicazioni fossero intercettate. «Documentazione» per indicare la sostanza stupefacente, «piccolini» o «cosarielli» per indicare telefoni cellulari, il termine «avvocato» per indicare loia Pietro, «albergo» per la Casa Circondariale G.Salvia di Napoli Poggioreale.

«Emerge la sussistenza di un fortissimo vincolo di omertà che impegna ciascuno a non tradire gli altri - si legge nell'ordinanza del Gip - si pensi, tra le altre, alle conversazioni in cui Murolo rassicura ripetutamente loia sulla omertà dei suoi ragazzi, ovvero i detenuti coinvolti nel sistema, che mai l'avrebbero tradito».

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