Dubbi sui genitori di Mark. "Sua madre era in casa"

La donna: "Non la volevo intorno, lo distraeva". L'autopsia: le coltellate a colazione, l'alibi per ripulire

Dubbi sui genitori di Mark. "Sua madre era in casa"
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«Non la volevo in casa, Mark Antony doveva studiare, lei lo distraeva». Nors Mazlapan, la madre del killer di Ilaria Sula, racconta della guerra in famiglia per contrastare il rapporto fra il figlio e la 22enne studentessa di Statistica. Lei, con il marito Rik Samson, da giorni è sotto indagine per il ruolo presunto nell'omicidio e nell'occultamento del cadavere della ragazza. Chi c'era in casa la sera del 25 marzo quando Ilaria si presenta con le magliette da restituire a Mark? Chi c'era, soprattutto, la mattina del delitto? Possibile che nessuno dei genitori si sia accorto della presenza di Ilaria, visto che il loro appartamento, un seminterrato, è di appena 50 metri quadrati? Il trambusto seguito all'accoltellamento, le ore passate a pulire la stanza dal sangue schizzato ovunque, il via vai dal portone in via Homs fino al bagagliaio dell'auto con la vittima avvolta nei sacchi della spazzatura e chiusa nel trolley marrone. Passato tutto inosservato da mamma e papà Samson? Non lo credono gli inquirenti che setacciano i tabulati dei due coniugi per stabilire gli spostamenti dei due filippini nell'arco delle 24 ore precedenti il viaggio verso il dirupo sul monte Guadagnolo.

La scientifica è tornata ieri sulla scena del crimine per sequestrare il pc di Mark e analizzarlo. Se la sera e la notte di martedì, giorno della scomparsa di Ilaria, entrambi erano presenti nel bilocale, la mattina dopo in casa ci sarebbe stata solo la donna. Domestico presso una famiglia lui, casalinga lei, in Procura pensano che almeno uno dei due fosse a conoscenza di quanto accaduto, tanto che si ipotizza il reato di concorso in omicidio volontario e occultamento di cadavere. Ma gli elementi che non quadrano sono molti. L'autopsia colloca la morte in uno spazio temporale ampio, tra la notte del 25 e il 26 marzo. Ilaria, secondo l'omicida e l'esame autoptico, viene accoltellata alla gola per ben tre volte mentre fa colazione. «Ho visto la chat con un ragazzo, ho avuto un raptus. C'era un coltello su un vassoio, l'ho afferrato e l'ho colpita alle spalle» mette a verbale Samson durante l'interrogatorio di convalida. Seguono ore passate a pulire la stanza, a far sparire un tappeto imbrattato di sangue e gli stracci per pulire pavimento e mobili. Poi la decisione di far sparire l'arma del delitto, gettata in un cassonetto e recuperata dalla polizia, e di lasciare il corpo lontano dalla capitale, in una zona boschiva che Mark conosce bene. Strano comportamento per chi, fra lacrime e singhiozzi, ripete all'infinito davanti al gip di non aver premeditato nulla. «Chi commette un delitto d'impeto, di solito si pente immediatamente quando si rende conto di ciò che ha fatto e chiama il 112» spiega un criminologo.

Mark, invece, è freddo, deciso a distruggere ogni traccia. Non solo. Usa il telefono di Ilaria per far credere che è viva, fuori Roma con due amici.

Cancella i suoi profili social, la va a cercare a San Lorenzo dove viveva con altre studentesse, abbraccia i genitori e il fratello di lei quando arrivano nella capitale. Lucido e ben determinato, tanto da contestargli le aggravanti della premeditazione e della crudeltà.

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