«Sentivo un malessere, mi sentivo un corpo estraneo in casa mia e nel mondo, ero solo». Le parole pronunciate da Riccardo, subito dopo aver confessato di aver ucciso la sua famiglia, vanno soppesate. Ovviamente lui, sotto choc, 17enne, non ha gli strumenti per trovare le frasi più adatte a fotografare la voragine emotiva che lo attanaglia. Ma già usare termini come «malessere» e «solitudine» vuol dire molto. Solo, anche se circondato di amici. Angosciato, anche se sorridente, sportivo, studioso e ben inserito.
La storia di Paderno ci insegna che cogliere i segnali del disagio è estremamente difficile. Dietro le sintesi dei verbali («ha agito senza movente») c'è un mondo interiore da indagare. «I segnali ci sono sempre, vanno saputi leggere» sostengono gli psichiatri. Se l'oppressione di Riccardo si è manifestata nel più cruento e tragico dei modi, la sensazione di smarrimento emotivo è comune a tanti, tantissimi giovani. Ed è il sintomo di una ben più ampia disfunzionalità familiare e sociale.
I disturbi neuropsichici dell'età evolutiva colpiscono quasi 2 milioni di bambini e ragazzi. Per lo più si tratta di ansia, depressione, disturbi alimentari, disagio che si esprime in autolesionismo. C'è la sindrome degli hikikomori, i ragazzi che si rinchiudono nelle quattro mura di casa, ci sono quelli (sempre di più) che «si ritirano», cioè che lasciano la scuola, lo sport, il lavoro, le relazioni. Si chiamano fuori dalle sfide, dalla vita.
E non si dica che è tutta colpa della pandemia. Il periodo del Covid non ha fatto altro che scoperchiare un vaso di Pandora già esistente. I problemi da affrontare sono parecchi: primo, far emergere il disagio, dargli un nome, entrare nella «fortezza» dei ragazzi. E secondo poter contare su una squadra di professionisti adeguata. Invece solo il 20,40% degli adolescenti con problemi di salute mentale è diagnosticato dai servizi sanitari e solo il 25% riceve un trattamento appropriato.
Mancano neuropsichiatri infantili: sono 400 su tutto il territorio e dovrebbero essere almeno 700. Secondo la Sinpia, società italiana di Neuropsichiatria Infantile e dell'adolescenza, la soglia minima dei posti di specializzazione in neuropsichiatria dovrebbe essere portata a 400. Mancano posti letto e nel servizio sanitario nazionale servono almeno 15mila psicologi contro i 5mila di oggi. Soprattutto mancano le strutture semiresidenziali, i centri diurni, gli interventi intensivi a domicilio.
La rete per rispondere al grido soffocato dei giovani va rafforzata, con urgenza. A confermarlo sono anche le domande arrivate all'Inps per il bonus psicologo: 400mila, di cui una su tre riguarda gli under 18. Ma lo stanziamento è di 10 milioni e l'importo che può essere assegnato va dai 500 a 1.500 euro, quindi potranno accedere al bonus circa 7mila persone.
Per intercettare i giovani in cerca di aiuto, il ministero dell'Istruzione ha aumentato il numero degli psicologi d'istituto. Ci sono i centri di aiuto, le reti di volontari, le associazioni. Ma c'è un elemento su tutti su cui è necessario lavorare: la famiglia.
Chi meglio dei genitori può capire se qualcosa non va, prima ancora che i silenzi diventino nodi aggrovigliati o si manifestino in violenza (su se stessi o sugli altri)? «Ripartiamo dalla famiglia - sostiene lo psichiatra Paolo Crepet - Parliamo, ascoltiamo i figli, senza avere la pretesa della famiglia perfetta. Che non esiste».
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