La Corte dei Conti ha bocciato le astrusità burocratiche dei decreti anticrisi emanati dal governo, soprattutto per quanto riguarda il fisco. «Quanto al sistema fiscale nel suo complesso - si legge nella nota memoria depositata in commissione bilancio al Senato sul dl Agosto - non si può non rilevare l'utilizzo di strumenti che continuano a complicarne la struttura, visto che nei decreti Cura Italia, Rilancio e Agosto si contano oltre 30 interventi che comprendono - tra rimodulazioni e nuovi provvedimenti - crediti di imposta, esenzioni, detrazioni con un sistema che si allontana sempre di più dall'auspicato fisco equo, semplice, trasparente e sostenibile». Le gimkane per accedere al superbonus del 110% sulle ristrutturazioni energetiche e antisismiche ne è l'esempio più lampante. Ma i magistrati contabili hanno messo in discussione anche le incertezze dei provvedimenti: il 68% delle norme prevede decreti attuativi senza che vi sia un termine per la loro pubblicazione.
È stato analogamente stigmatizzato l'utilizzo di sussidi a pioggia per tamponare l'emergenza disoccupazione. L'esperienza fin qui maturata nella gestione dei diversi strumenti di sostegno al lavoro «dovrebbe indurre una riconsiderazione delle politiche passive, in un quadro che tenga conto delle molteplici esigenze emerse», ha sottolineato la Corte dei Conti aggiungendo che «se la scelta iniziale di procedere ad erogazioni di indennità diffuse e basate su criteri non eccessivamente discriminanti, è stata positiva, si pone ora la necessità di collegare le stesse alle condizioni economiche complessive dei percipienti». Idem per lo stop ai licenziamenti. Da un lato, si legge nella memoria, «appare condivisibile la scelta di vincolare l'impresa che usufruisce appieno degli ammortizzatori sociali a mantenere in essere il rapporto di lavoro, ma non di vincolare le imprese che non hanno fruito integralmente dei benefici approntati: ne potrebbero scaturire ritardi nelle misure di ristrutturazione e risanamento, in larga parte comunque inevitabili».
Su questo tema è stato altrettanto intransigente il presidente dell'Ufficio parlamentare di Bilancio, Giuseppe Pisauro, nella memoria inviata dall'Authority sui conti pubblici a Palazzo Madama. «È cruciale che gli eventuali spazi di bilancio che si dovessero realizzare non vengano dispersi in impieghi per altre finalità», ha scritto Pisauro rimarcando che «le risorse complessive dedicate alle integrazioni salariali con causale Covid-19 appaiono superiori alle esigenze». In particolare, dai dati dell'Inps emerge che, a fronte di una spesa stimata di 12,8 miliardi (al netto delle contribuzioni figurative) per le integrazioni fruibili fino a fine ottobre, nel trimestre maggiormente colpito dall'emergenza e dal lockdown (marzo-maggio) la spesa effettiva è stata, senza considerare eventuali ritardi nelle erogazioni, di 3,8 miliardi, meno di un terzo del totale. Dunque, i risparmi non devono essere sprecati.
Non meno allarmante risuona l'analisi del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. Il Pil dell'Italia, a causa dell'emergenza Covid «è tornato a livelli osservati all'inizio del 1993.
In termini pro capite, il Pil è sceso ai valori registrati alla fine degli anni '80», ha affermato Visco rilevando come nessun altro Paese abbia registrato «un tale enorme salto indietro perché altrove la crescita in passato è stata più robusta». E per Visco bisogna attuare riforme per rilanciare l'economia italiana, ma queste saranno «insufficienti» se non si punterà anche sulla ricerca e sviluppo e sull'istruzione.
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