Come era successo a marzo, con lo stop di AstraZeneca che aveva costretto a rivedere il piano vaccinale, è sempre la storia turbolenta del vaccino di Oxford - tra blocchi e ripensamenti - a rimescolare le carte in tavola. Anche adesso, se l'Ema destinerà il siero dell'azienda anglo-svedese solo agli over 60 (o 55), sarà necessario rimettere mano alla campagna vaccinale per bilanciare la distribuzione delle dosi dei diversi vaccini a disposizione - Pfizer, Moderna e da metà mese Johnson&Johnson - alle altre fasce d'età in modo da non rallentare e cercare di raggiungere lo stesso, il più velocemente possibile, l'obiettivo prefissato dal commissario Francesco Paolo Figliuolo delle 500mila somministrazioni giornaliere. Per arrivare a fine settembre all'immunizzazione dell'80% della popolazione.
Finora AstraZeneca è stato destinato ai più giovani, in particolare insegnanti e forze dell'ordine. Ma se le categorie, come sembra, saranno riviste, cambia tutto e sarà necessario spingere il più possibile per l'approvvigionamento delle dosi, visto che gli over 60 sono una fascia fragile da proteggere maggiormente. Purtroppo AstraZeneca non è sempre affidabile nel rispettare le consegne, l'ultimo slittamento è stato comunicato ieri: il 14 aprile l'Italia riceverà 175mila dosi invece delle 340mila previste. Anche se l'azienda ha assicurato che il 50% delle fiale mancanti verrà distribuito con le consegne successive, entro il 23 aprile. Forse qualcosa verrà recuperato dal blocco dell'export di 3,1 milioni di dosi verso l'Australia deciso ieri dall'Ue.
E non è solo una questione di dosi. Determinate sarà il tema della fiducia che va ricostruita nei confronti di questo vaccino dalla storia tormentata. Molti, dopo lo stop&go di marzo, lo temono. Al punto da aver disdetto le prenotazioni con la speranza di ricevere, anche se più avanti nel tempo, dosi di un farmaco diverso. Adesso l'ennesimo cambiamento della fascia d'età dei destinatari potrebbe alimentare altri dubbi.
Se l'Ema confermerà il nesso causale tra le rare forme di trombosi e AstraZeneca e limiterà l'uso di questo vaccino a determinate categorie, escludendo le fasce più giovani, bisognerà riorganizzare in corsa la campagna di vaccinazione. Ma questo «incidente di percorso» potrebbe non essere del tutto negativo per l'Italia, perché consentirebbe di velocizzare le somministrazioni agli under 60, che non sono ancora partite, una categoria meno fragile, ma composta da persone attive che si muovono per lavoro e sono comunque più esposte al rischio contagio e allo stesso tempo di convogliare tutti gli approvvigionamenti di Astrazeneca verso la fascia dei più «anziani».
Ad aprile è prevista in Italia la consegna di 8 milioni di dosi di vaccini, il 15% degli arrivi programmati per il secondo trimestre. Tra queste anche le prime 400mila fiale del monodose Johnson&Johnson. Un milione e mezzo di dosi sono destinate agli over 70 in attesa della seconda somministrazione di Pfizer o Moderna. Ma gli appartenenti alla fascia di età 70-79 anni che devono essere ancora immunizzati, e ai quali dovrebbe essere destinato il vaccino AstraZeneca, sono 6 milioni. Nei frigoriferi delle varie aziende sanitarie ci sono ancora 2 milioni di dosi del vaccino anglo-svedese dalle forniture di marzo e nel prossimo mese ne stiamo aspettando quasi un altro milione (se le promesse saranno confermate).
Entro fine aprile l'immunizzazione dei più fragili può essere conclusa. E da maggio si potranno destinare le file di AstraZeneca ai 60enni (9 milioni ancora in attesa di vaccino) e usare gli altri sieri per i più giovani.
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