E nel Pd caduto a pezzi spunta l'ala filo Putin

Dopo la sconfitta elettorale, sette eurodeputati dem votano con i 5s contro gli aiuti all'Ucraina

E nel Pd caduto a pezzi spunta l'ala filo Putin

Il Pd ha perso (anche) per colpa del conflitto in Ucraina. Questa ammissione, pronunciata in ritardo e molto a dentri stretti, da Enrico Letta nel corso della direzione del partito ha ulteriormente scosso i democratici. «La guerra, per le responsabilità di governo che ci siamo assunti, ci ha messo in una condizione nella quale la nostra capacità espansiva è stata interrotta», ha detto il segretario del Pd, pur non rinnegando la scelta di sostenere militarmente l'Ucraina. Una dichiarazione che è arrivata proprio lo stesso giorno in cui il suo partito si è diviso a Bruxelles proprio su una risoluzione dei Verdi europei che chiedevano uno stop all'invio di armi. Ben 7 eurodeputati dem su 11 hanno votato in dissenso con le indicazioni del partito. Si tratta di: Pietro Bartolo, Caterina Chinnici, Andrea Cozzolino, Giuseppe Ferrandino, Camilla Laureti, Franco Roberti e Massimiliano Smeriglio.

E, ora, anche a Roma i democratici si interrogano sull'errore di aver lasciato campo libero ai Cinquestelle sul versante pacificista. «Certo, Conte ne ha beneficiato...», sbotta una deputata romana. «Non mi citare, però...». La faccia non ce la vuole mettere. Però non nasconde il suo mal di pancia per una strategia, quella portata avanti da Letta, che l'ha lasciata fuori da Montecitorio. E, adesso che non è stata rieletta, getta addosso ogni tipo di strali contro il segretario uscente. Erasmo Palazzotto, deputato Pd uscente con un passato tra le file di Leu, dice chiaramente: «Oggi più che mai bisogna far finire questa guerra con ogni mezzo a disposizione, compreso il fatto che il sostegno all'Ucraina debba essere condizionato da una visione comune e dalla necessità di aprire un negoziato». E spiega che «davanti al rischio di una minaccia nucleare bisogna fare appello agli alleati affinché tutti lavorino per una de-escalation» e chiede che il Pd proponga «una grande mobilitazione pacifista e un'agenda politica per una conferenza di pace».

Gianni Cuperlo, membro della direzione Pd e nuovamente rieletto deputato dopo il voto del 25 settembre scorso, ritiene che vada scongiurato il rischio atomico e che non ci possa limitare a dire «che laddove una catastrofe simile dovesse generarsi la mannaia della storia e della colpa ricadrebbe per intero sul Cremlino». E aggiunge: «Sono proprio i nostri valori - quelli che affondano nella cultura illuminista - a spingere oggi perché l'Europa assuma una piena iniziativa politica sul versante della diplomazia e della ricerca ostinata di una tregua». E, se Cuperlo crede che sia stato giusto sostenere la resistenza Ucraina, non ha creduto che questa guerra potesse concludersi con una vittoria sul campo di una delle due nazioni. «Sacrosanto il diritto alla difesa, netta la condanna della Russia, adesso prima di inviare nuove armi si torni a ragionare con ogni potenziale interlocutore (compresi Washington e Pechino) su come fermare questo massacro», dice.

Chi, invece, resta convinto della bontà della linea sin qui tenuta è Enrico Borghi, responsabile per la sicurezza del partito e membro del Copasir. «Il Pd non cambia la propria postura sul tema delle alleanze internazionali in base al proprio ruolo di governo o di opposizione», dice Borghi ribadendo, dunque, che «sul tema ucraino esiste un aggressore ed un aggredito, che va sostenuto nella sua resistenza».

Quanto alla pace, spiega: «Non è sufficiente declamarla, ma occorre costruirla. E oggi sono 16 anni dall'assassinio di Anna Politkovskaja, critica profetica del regime di Putin. Con lei è doveroso ricordare che non c'è pace senza libertà e giustizia, senza la dignità della persona».

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