E il pm insultò i giudici di Cassazione: molti di loro non passerebbero l'esame

La toga Avenati Bassi contro la suprema Corte che aveva annullato le condanne: "Sono registrato e questo mi inibisce..."

E il pm insultò i giudici di Cassazione: molti di loro non passerebbero l'esame

Per il procuratore generale di Torino Francesco Saluzzo i parlamentari che hanno criticato, dopo il suicidio di Angelo Burzi, la gestione dell'inchiesta sulla Rimborsopoli piemontese hanno commesso il reato di «vilipendio alla magistratura». Sarà. Ma che dire allora delle parole che Avenati Bassi, il «vice» di Saluzzo incaricato di rappresentare l'accusa nel processo ai consiglieri regionali, ha usato contro la magistratura di cui egli stesso fa parte? Anche il dottor Avenati Bassi è andato giù pesante, rasentando l'insulto. E non contro un magistrato qualunque ma contro la Cassazione. La colpa della Suprema Corte: avere annullato, ordinando un nuovo processo, buona parte delle condanne - compresa quella del povero Burzi - che Avenati Bassi era riuscito a ottenere nel processo d'appello. I magistrati che hanno annullato le condanne, per il combattivo pg torinese sono praticamente dei somari, gente che non avrebbe dovuto nemmeno superare il concorso per indossare la toga.

Di alcuni aspetti particolari del linguaggio di Avenati Bassi ha ampiamente riferito nei giorni scorsi sul Giornale Paolo Bracalini. Stiamo parlando, d'altronde, di un magistrato che dopo avere chiesto l'assoluzione di esponenti della sinistra e la condanna degli imputati di centrodestra non ha ritenuto inopportuno accettare la designazione da parte del Pd a consulente della commissione parlamentare di inchiesta sulle banche.

Ciò premesso, la lettura della trascrizione integrale della requisitoria pronunciata da Avenati Bassi lo scorso 30 novembre davanti alla Corte d'appello torinese contro i venti consiglieri regionali è ugualmente una lettura sorprendente. Il sostituto pg deve convincere la Corte che le condanne annullate dalla Cassazione si possono emettere un'altra volta. Cita i passaggi della sentenza romana che sono funzionali alla sua tesi, ma non può nascondere che alcuni passaggi dicono il contrario di quello che lui ha sempre sostenuto e continua a sostenere. Così si mette a maltrattare la Cassazione. Dapprima rimarca che sul tema dei rimborsi ai consiglieri regionali la Cassazione ha emesso sentenze contraddittorie, «ma lo possiamo dire soltanto così, in un momento di scoramento e di nostalgia di quando la Cassazione parlava con una sola voce». Ma la botta vera arriva su uno dei nodi del processo, ovvero la responsabilità dei capigruppo per spese effettuate dai singoli consiglieri regionali. Avenati Bassi premette che «sono registrato e quindi questo mi inibisce», cioè senza microfoni avrebbe detto di peggio: e poi spiega che «se su questo tema in un concorso in magistratura ci fosse scritto quello che ha scritto la Cassazione forse non si sarebbe neppure entrato in magistratura». E non basta: la decisione degli autorevoli colleghi è «singolare», «incoerente».

«Una cosa che veramente questo non ti fa passare il concorso in magistratura», ribadisce il concetto poco dopo. «Sono francamente allibito, visto che sulla Cassazione non ci sono ulteriori gradi però siamo in un paese democratico e il disappunto lo si può esprimere, io esprimo questo disappunto».

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