Cosa ci fareste voi con una rana? Sembra una domanda stupida, ma in realtà non lo è. Galvani, per esempio, ha usato proprio le rane, appendendole in terrazza durante un temporale in mezzo ai fulmini, per studiare gli impulsi nervosi. Gli scienziati dell'università del Vermont invece hanno estratto da embrioni di rana delle cellule staminali, quelle cellule che seguendo il loro sviluppo naturale sarebbero diventate parte di una varietà di tessuti dalla pelle al cuore, e le hanno poi riassemblate in nuove configurazioni basate su algoritmi elaborati da supercomputer per creare qualcosa di nuovo, mai visto prima: i primi robot costruiti interamente di cellule vive. Li hanno chiamati xenobots e sono piccolissimi, di dimensioni submillimetriche, assomigliano a Pac-Man, contengono tra le 500 e le 1.000 cellule e sono in grado di spostarsi, organizzarsi e anche trasportare in giro piccoli carichi, cioè praticamente già così sono meglio del marito medio.
Scherzi a parte, si tratta di macchine viventi che non sono assimilabili ai robot tradizionali ma neanche a nessuna specie animale nota e c'è solo la fantasia a limitare le possibili applicazioni di questi organismi programmabili: la ricerca di materiale radioattivo o la raccolta di microplastiche negli oceani fino alla possibilità di viaggiare nelle arterie per rimuovere le placche o curare tumori. A seconda della necessità, possono essere sviluppati algoritmi che ottimizzino l'organizzazione delle cellule, un po' come i pezzi di un Lego, per ottenere la configurazione teorica più promettente che poi viene trasformata in realtà dal lavoro di assemblaggio cellulare preciso e paziente degli scienziati. Le cellule staminali della pelle sono risultate ideali per dare la giusta struttura e le cellule staminali del muscolo cardiaco hanno fornito, tramite contrazioni, la propulsione necessaria perché queste configurazioni teoriche potessero trasformarsi in vere e proprie macchine in grado di andare da sole in giro in ambiente acquoso. Una di queste configurazioni è stata anche sviluppata con un buco centrale che è stato poi ulteriormente ottimizzato per diventare una specie di tasca utile per microscopici traslochi.
C'erano però ancora perplessità sull'effettiva natura vivente di queste macchine, perché non si era ancora potuta osservare la loro riproduzione, fino ad ora. Esperimenti più recenti hanno infatti permesso di osservare la loro capacità di riprodursi accumulando cellule disperse fino a creare dei nuovi xenobot, in grado di muoversi e nuotare secondo un nuovo straordinario processo di replicazione.
Certo, una nuova frontiera per la scienza e la nostra conoscenza, tutto molto bello, ma in qualità di principessa io questi xenobot, anche se imparentati alla lontana con i ranocchi, non mi fiderei più di tanto a baciarli.
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