La Dia lancia l'Sos Sos e lega con un filo rosso i destini di Federico Cafiero de Raho e Pasquale Striano, l'ufficiale della Guardia di Finanza e della Dna assegnato alla Dia dal 3 maggio 1999, al centro dei presunti dossieraggi a base di Segnalazione di operazioni sospette e diventato «un mostro». Nell'audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia il direttore Michele Carbone rivela le referenze che l'allora numero uno della Dna de Raho ha protocollato il 15 febbraio del 2019 in lode dello Striano ufficiale («altissimo senso del dovere e della disciplina, notevoli doti di riservatezza e lealtà, elevatissime capacità professionali») e uomo («Moralmente irreprensibile, leale e rispettoso»), scriveva de Raho. Una sorta di chiamata in correità che fa infuriare il forzista Mauro D'Attis: «È opportuno che il vicepresidente de Raho si astenga».
La pagella da 10 e lode è in linea con le valutazioni che i colleghi di Striano - contattati nei giorni scorsi dal Giornale - ma stride con l'immagine dell'ufficiale spregiudicato che colloca sotto banco ai giornalisti informazioni privilegiate su politici captate tra la Dia e la Guardia di Finanza, come lo dipinge la Procura di Perugia guidata da Raffaele Cantone. «Il protocollo e certe regole d'ingaggio andrebbero riviste, si rischia che Striano fa fesso tutte e due le parti, il corpo di appartenenza e il magistrato che lo impiega», fa presente Carbone. È in questo cortocircuito infatti che l'ufficiale si è mosso con disinvoltura. «Non so se dietro c'è qualcosa, lo diranno le indagini - sottolinea il generale a capo della Dia - però si era impadronito dell'antiriciclaggio, di cui era il primario, ritagliandosi uno spazio di professionalità in una materia che non è da tutti. E gli altri dovevano fare cose un po' più minute. Dal 2015 al 2023 stai a contatto coi magistrati, ti senti quasi protetto, indispensabile, diventi una miscela esplosiva... Succede che non lo prendi più a quello là. Quindi si è creato un mostro».
Sulla sicurezza dei dati in mano alla Dia Carbone mette la mano sul fuoco grazie a «una serie di stress test periodicamente svolti sulla cybersicurezza». L'ultimo vulnerability assessment nel secondo semestre del 2023 su possibili attacchi cyber alle Lan del data center e dei server dislocati nelle sedi periferiche, «sia dall'esterno che dall'interno del perimetro, sia in modalità autenticata che non autenticata» ha confermato livelli di protezione altissimi.
Insomma, prima di capire come e perché si è mosso Striano, è necessario salvare il soldato Sos. Lo strumento è cruciale visto che «gli schemi di riciclaggio si stanno facendo sempre più sofisticati perché ricevono la consulenza e il supporto dei cosiddetti colletti bianchi». «Nel 1991 - ricorda Carbone - le Sos erano appena 36, nel 2023 sono state 150.418, il 42% dal 2019.
Una mole di segnalazioni da processare con una progressione geometrica» ma con risultati di prestigio, visto che il 76% delle oltre 56mila segnalazioni sospette dalla Uif di Bankitalia alla Dia sono «connotate da profili di attinenza alla criminalità organizzata», mentre il restante 24% «sono Sos su persone fisiche o giuridiche ad esse collegate», come quelle su una società dove ha una quota di partecipazione un soggetto segnalato ma non intraneo ai boss.
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