Eletti consegnati ai pm, il congresso è avvelenato

Le decisioni sulla sorte degli eurodeputati mettono a dura prova i fragili equilibri Pd

Eletti consegnati ai pm, il congresso è avvelenato

L'ombra lunga del caso Qatargate si proietta sul congresso del Pd, e sul prossimo test elettorale: le Regionali di Lazio e Lombardia.

Nelle prossime settimane, infatti, gli eventi rischiano di sovrapporsi, mettendo a durissima prova l'equilibrio del primo partito di opposizione e di un'intera comunità politica: la gara interna per la leadership, che si trascina con tempi biblici; una campagna elettorale pervasa dal pessimismo; e anche le decisioni del Parlamento europeo sulla richiesta di togliere l'immunità parlamentare al dem Andrea Cozzolino (e al socialista belga Marc Tarabella), avanzata dalla procura di Bruxelles che indaga sulla presunta corruzione da parte di Stati stranieri.

«Il Pd voterà a favore della revoca dell'immunità per Cozzolino e Tarabella», ha annunciato ieri il capodelegazione dem a Strasburgo, Brando Benifei. Scelta scontata e quasi inevitabile, per allontanare da sé ogni possibile polemica e sospetto, condita dalle consuete formule di adesione acritica alle richieste dei pm, ancorché belgi: «Serve una reazione di sostegno sul fronte della magistratura», dice Benifei, che fa parte - come membro supplente - della Commissione giuridica che dovrà esaminare le istanze di revoca dell'immunità.

La richiesta dei pm belgi era attesa da giorni, e la linea del Pd era già stata decisa: annunciare subito il proprio sì, scaricare le presunte «mele marce» e mostrarsi decisi a fiancheggiare l'opera di moralizzazione delle toghe. E pazienza se, come negli oscuri anni di Tangentopoli, gli indagati vengono sbattuti ad libitum in cella, anche in assenza di pericolo di fuga o inquinamento delle prove, come strumento di pressione per farli «cantare»: il garantismo non è mai stato molto praticato a sinistra. E figurarsi se può esser praticato ora, che a finire sulla gogna sono nomi storici dell'ex Pci-Pds-Ds-Pd, e che si coltiva l'alleanza con il forcaiolismo grillin-contiano.

Il clima interno, però, è di profondo malessere. Nelle ultime ore si è consumato un nuovo sotterraneo scontro sui tempi delle primarie, che in molti (dalla sinistra che sostiene Elly Schlein al gruppo lettiano) volevano rinviare ulteriormente, dal 19 al 26 febbraio, con la scusa delle regionali del 12. Circolano sospetti sul tesseramento, che va molto a rilento: c'è chi, tra i supporter del favorito Stefano Bonaccini, sospetta che ci sia un tentativo di aiutare la candidata di Franceschini e Bersani, Elly Schlein, che per partecipare alle primarie deve arrivare almeno seconda tra gli iscritti ma parte svantaggiata. Il responsabile Organizzazione Stefano Vaccari, nega problemi, ma non fa numeri: «Sarà la commissione congressuale a fornire le cifre» delle adesioni. E torna alla carica sul rinvio: «Non si tratta di un anno, ma appena una settimana.

Se ci sarà convergenza politica, l'assemblea Pd del 20 gennaio può deciderlo». Dal fronte Bonaccini arriva il secco niet del Collettivo Donne: «Forse non ci rendiamo conto della follia di certe richieste. Abbiamo aspettato anche troppo per poter eleggere una nuova segreteria».

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