Il timore dell'Europa, soprattutto di quei Paesi più vicini a confini caldi, si arricchisce ogni giorno di nuove preoccupazioni. In cima alla lista degli Stati più ad alta tensione restano la Lettonia e soprattutto la Polonia, che dopo aver lanciato l'allarme su possibili invasioni mascherata da parte dei mercenari della brigata Wagner, ha accusato la Bielorussia, di fatto uno Stato fantoccio della Russia di Putin, di aver violato il proprio spazio aereo con due elicotteri, minacciando di fatto lo spazio aereo del Paese. «Russia e Bielorussia stanno aumentando le pressioni al confine, aumentando il numero delle loro provocazioni e dobbiamo essere consapevoli che il numero di queste provocazioni crescerà», ha attaccato il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki in una conferenza stampa congiunta con il presidente della Lituania Gitanas Nauseda, altro Paese interessato a possibili sconfinamenti. «Queste attività puntano a destabilizzare, seminare paura, caos e incertezza e allo stesso tempo a mostrare la debolezza del fianco orientale della Nato a tutti i partner dell'Alleanza», ha aggiunto Morawiecki, investendo di fatto tutta l'alleanza di un tema comunque caldissimo. Minsk ha bollato le accuse come falsità, convocando immediatamente l'ambasciatore e rilasciando un comunicato di fuoco. «Le frettolose dichiarazioni rilasciate da funzionari polacchi in merito alla violazione dello spazio aereo polacco da parte di due elicotteri bielorussi non sono state confermate a seguito di un controllo completo effettuato dalla parte bielorussa. I dati di controllo oggettivo della traiettoria di volo degli elicotteri sono stati forniti per dimostrarlo». A confermare la tesi di Varsavia ci sarebbero però numerosi video girati con i cellulari da diversi residenti che hanno filmato gli elicotteri bielorussi. Accuse vere o meno, resta l'evidente tensione per una guerra che non solo non si ferma ma che in molti temono potrebbe addirittura propagarsi, superando i confini di un conflitto già di per se internazionalizzato.
Un conflitto che la notte scorsa ha visto nuovamente la capitale Kiev finire sotto attacco russo. Gli allarmi sono risuonati per buona parte della notte con i civili di tutta la Regione invitati a rimanere nei rifugi. Secondo le forze di difesa aerea ucraine, sono stati distrutti 15 droni kamikaze di tipo Shahed e i danni sono stati quindi limitati. A Kherson invece un filobus carico di persone che andavano al lavoro, è stato bombardato ieri mattina. «Sono stati colpiti i trasporti pubblici e le persone che andavano al lavoro», denunciano le autorità. Il bilancio provvisorio è di almeno una decina di persone ferite. Forti esplosioni sono state registrate nella città di Berdyansk, nella regione di Zaporizhzhia attualmente occupata dai russi. «Ci sono colpi diretti sui luoghi di concentrazione della Russia. Non c'è da stupirsi, ieri abbiamo camminato a Berdyansk», raccontano i partigiani ucraini mentre le forze armate avanzano ancora nelle zone intorno a Bakhmut. «L'avanzata è graduale, senza attacchi frontali, non vogliamo ripetere gli errori del nemico», spiegano.
Nel frattempo resta in primo piano il caso grano. Raid russi continuano a colpire i granai ucraini: già 40mila tonnellate di cereali destinate alla Cina, Israele e diversi Stati africani sarebbero state distrutte dai bombardamenti. «Mentre il mondo affronta il problema dell'interruzione delle forniture e dell'aumento dei prezzi, la Russia si rivolge ai Paesi vulnerabili con offerte bilaterali di spedizioni di grano a prezzi scontati, fingendo di risolvere un problema che ha creato lei stessa», attacca il capo della diplomazia Ue Borrell. «La Russia utilizza il cibo come arma di ricatto», rincara la dose il segretario di stato Usa Antony Blinken.
Mentre il Cremlino, come sempre, nega le accuse e dice che «la Russia rimane un fornitore stabile di grano», il ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba, torna ad appellarsi a leader turco Erdogan, definendolo «l'unica persona che può riportare il presidente russo Vladimir Putin nell'accordo sul grano del Mar Nero». Un'altra questione tanto delicata quanto ancora aperta.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.