Emiliano "disobbedisce" alla Consulta pur di aiutare il Pd

Il governatore: "Il programma lo scriviamo De Luca ed io". Ma una sentenza impedisce ai pm in aspettativa di militare in un partito

Emiliano "disobbedisce" alla Consulta pur di aiutare il Pd
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«Cara Elly Schlein, il programma del Pd lo scriviamo insieme a Vincenzo De Luca, con le nostre esperienze da governatori». Con un'innocua frase il presidente della Puglia Michele Emiliano prova a distrarre l'attenzione dal pasticcio dei due appalti regionali vinti (ma non assegnati) alla società dei fratelli ma così inciampa in un errore da matita blu che molto probabilmente gli sarà perdonato.

Già, perché l'inarrestabile governatore pugliese che dal 2004 fa il bello e il cattivo tempo a Bari e dintorni, prima come sindaco poi come presidente di Regione, dovrebbe limitare il più possibile le sue incursioni «politiche» interne al Pd, giacché da magistrato in aspettativa una sentenza della Corte Costituzionale del 2018 lo ha «avvertito». Va bene che non si può vietare a una toga di fare politica, ma non basta il divieto di iscrizione a partiti politici per i magistrati fuori ruolo per motivi elettorali. Bisogna fare attenzione alle questioni interne, alle dinamiche più strettamente partitiche onde evitare di dare l'impressione - una volta indossata nuovamente la toga - di apparire semplicemente «di parte», pur senza esserlo. La Corte costituzionale aveva salvato l'ex pm antimafia della Procura di Bari dall'«ammonimento» comminato dalla Sezione disciplinare del Csm, circoscrivendo il divieto di iscrizione o di partecipazione sistematica e continuativa dei magistrati a partiti politici, purché l'amministratore restasse tale, senza sporcare la propria immagine con una tessera.

Insomma, nel Paese in cui un atto «politico» come la chiusura dei porti diventa reato, in cui salire sulla barca di un imprenditore diventa automaticamente un fatto potenzialmente corruttivo, tanto da costringere il collega di Emiliano Giovanni Toti a dimettersi e patteggiare per poter fare (di nuovo) politica, il fatto che un magistrato in aspettativa disobbedisca platealmente a una disposizione sancita dalla Corte costituzionale a difesa dei suoi diritti «politici» (ma non «partitici») e si impicci di questioni che non dovrebbero riguardarlo meriterebbe la stessa, spasmodica attenzione che i giornaloni dedicano alla vita privata di premier, ministri ed ex ministri. E invece...

D'altronde, a lui viene perdonato tutto.

Quale altro governatore può farla franca - senza conseguenze alcuna - di fronte a una Regione che fa affari (due volte) con la omonima Srl dei fratelli del governatore? Quale governatore può sapere in anticipo che a uno dei suoi ex fedelissimi arriverà un avviso di garanzia e non beccarsi nemmeno un avviso di garanzia per violazione del segreto? Quale ex sindaco può vantarsi di aver «protetto» il suo figlioccio Antonio Decaro (oggi a Bruxelles) andando a casa della sorella del boss mafioso, poi negando le sue stesse parole, senza alcuna ricaduta e poi chiedere di essere parte civile nel processo nato dall'indagine della Dda e della Mobile Codice interno che ha svelato l'infiltrazione della mafia dentro la macchina pubblica comunale e dentro l'imprenditoria cittadina? Domande senza risposta, per ora.

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