Massimiliano Scafi
Roma Insomma, non state lì a guardare il capello. Venezuela, Cile, Congo, Danimarca, Tahiti, che differenza fa, che volete che sia. Chavez o Pinochet, che cambierà mai, sempre di dittatori si tratta. Questi maledetti giornalisti, tutti pronti a cercare l'errore, con il fucile puntato contro i poveri dirigenti del Movimento Cinque Stelle, costantemente alla caccia del lapsus, della svista, dei panni stesi di Virginia Raggi, delle foto della sindaca in bikini, di qualcosa che possa inceppare la meravigliosa e inarrestabile galoppata dei grillini. E vogliamo parlare dei social? Prima hanno lanciato Giggino l'enfant prodige, ora lo massacrano. Basta dunque con le aggressioni, con questi complotti mediatici.
Certo, come no. Però allora fermate Luigi Di Maio, dategli un po' di ossigeno, iscrivetelo alla Cepu, fategli frequentare a un corso accelerato di geografia. Non è mai troppo tardi, c'è tempo per recuperare. La prossima volta non farà confusione, si documenterà e, se dovrà attaccare il premier sulla data del referendum, eviterà di coprirsi di ridicolo. «Un presidente - queste le sue parole su Facebook - non eletto, senza legittimazione, che sorride mentre le persone soffrono. Lo sta facendo diventare un voto su un personaggio che sta occupando con arroganza la cosa pubblica, come ai tempi di Pinochet in Venezuela. E sappiamo com'è finita».
Già, com'è finita? Forse Pinochet, resuscitato, ha fatto due passi a Caracas e ha incontrato Maduro inseguito da una folla inferocita. Prima di tornare a casa, i due hanno fatto in tempo a scambiarsi il numero di telefono. Intanto a Santiago il generale Chavez assediava Allende barricato alla Moneda.
Orrore. La macchina grillina si è accorta dello svarione e il post del vicepresidente della Camera è stato opportunamente corretto. Cile, non Venezuela. Troppo tardi, nel web già impazzivano le risate e le prese in giro. Di Maio poi è alla seconda gaffe di fila nel giro di pochi giorni. La prima era sicuramente più pesante, anche dal punto di vista politico: non sapeva dell'assessore del Campidoglio Muraro indagata, non aveva «letto bene» la mail, e M5S lo ha processato e degradato. Stavolta invece non ha «scritto bene» e il popolo di internet lo sta facendo a pezzi. Destino amaro per chi grazie alla rete ha fatto strada.
«Con la storia della Muraro si era giocato Palazzo Chigi - commenta un utente - ora dovrà dire addio pure alla Farnesina». Gode il Pd. «Non sa leggere le mail e parla a vanvera di Pinochet. Ma Di Maio lo sa dove si trova il Cile?», scrive su Twitter il senatore Andrea Marcucci che conia l'hashtag #dimaioinpeggio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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