Un bambino su dieci colpito dall'epatite acuta di origine sconosciuta è stato sottoposto a un trapianto di fegato. È il primo resoconto dell'Oms aggiornato al 21 aprile sul virus che aggredisce i più piccoli e che provoca conseguenze gravi sul fegato.
In dodici paesi l'Organizzazione mondiale della Sanità ha raccolto segnalazioni per 169 bambini di età che varia da un mese ai 16 anni e 17 hanno avuto bisogno di un trapianto di fegato per sopravvivere. Per un bambino non c'è stato invece nulla da fare. Il numero maggiore di casi si rilevano in Gran Bretagna, dove ormai si contano ben 114 casi, segue la Spagna con 13 casi, Israele con 12. I numeri però in continuo aggiornamento, visto che per l'Italia l'Oms conteggia solo 4 casi mentre per il ministero della Salute sono 11 e per la Società pediatrica che si occupa di patologie legate al fegato sono 17, di cui uno trapiantato.
I numeri rimangono comunque contenuti, allineati a quelli degli anni scorsi e gli esperti ritengono che questa patologia sia conosciuta da decenni. Preoccupa però l'impennata dei casi in Inghilterra. E si cerca di capire l'origine del fenomeno virale che si sta concentrando su una complicanza dell'adenovirus, solitamente innocuo che spesso provoca un semplice raffreddore, ma che, secondo l'Oms, potrebbe essere «la possibile causa scatenante» dell'epatite.
In particolare, l'Oms spiega che «il Regno Unito, dove fino ad oggi è stata segnalata la maggior parte dei casi, ha recentemente osservato un aumento significativo delle infezioni da adenovirus nella comunità (in particolare rilevate nei campioni fecali nei bambini) a seguito di bassi livelli di circolazione all'inizio della pandemia di Covid-19».
Ma rimangono zone d'ombra. In Gb è stato riscontrato solo l'adenovirus in 74 casi, Sars-Cov-2 è stato identificato invece in 20 casi di quelli testati dall'Oms, mentre in altri 19 casi è stata trovata anche una coinfezione da Covid più adenovirus. Coincidenza e casualità legata alla pandemia durata due anni? Gli esperti supportano la coincidenza. Sembra che i casi ci siano sempre stati ma solo sono sotto i riflettori. Anche l'Oms ammette che «non è ancora chiaro se si sia verificato un aumento dei casi di epatite o un aumento della consapevolezza dei casi di epatite che si verificano al tasso previsto ma non vengono rilevati».
Ma, aggiunge l'Oms «a causa del miglioramento dei test di laboratorio per l'adenovirus, questo potrebbe rappresentare l'identificazione di un raro esito esistente che si verifica a livelli non rilevati in precedenza che ora viene riconosciuto a causa dell'aumento dei test».
Ci sono ancora molti aspetti da chiarire dunque.
L'unica cosa certa è la comunanza dei sintomi. Molti casi hanno riportato dolori gastrointestinali incluse fitte addominali, diarrea e vomito che hanno preceduto l'ittero e la presentazione con epatite acuta grave e livelli aumentati di enzimi epatici.
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