Atene Dopo Santa Sofia il mare. La sciabola di Erdogan, con cui il muezzin è entrato per la prima preghiera nella «nuova» moschea di Istanbul, si rivolge anche contro il mare Egeo, dove i greci secondo il presidente turco «non avrebbero diritti marittimi». Ankara contesta il nuovo accordo tra Grecia ed Egitto per la delimitazione di una zona economica esclusiva e annuncia la ripresa delle attività di perforazione con la sua nave Barbaros, la stessa che ha agito illegalmente nelle acque di Cipro.
L'ennesimo scempio del diritto internazionale, al solo fine di inserirsi nella partita energetica per il dominio sul gas nel Mediterraneo orientale, che consente a Erdogan si rivolgersi così ad un paese membro dell'Ue e della Nato: «Non c'è bisogno di una discussione con coloro che non hanno diritti, soprattutto nelle zone marittime», ha detto a proposito dei greci. Parlando ai giornalisti dopo la preghiera del venerdì in una Santa Sophia scientemente trasformata in moschea, il presidente turco ha osservato di essere stato ingannato da Atene e ha sottolineato: «Non riconosco l'accordo, per noi è inesistente, la Grecia non ha niente a che fare con la Libia o l'Egitto». Inoltre così facendo il presidente turco fa morire sul nascere il tentativo diplomatico, ispirato da Berlino, di un tavolo aperto proprio tra i due paesi al fine di individuare una soluzione dopo il quasi scontro armato della scorsa settimana al largo di Kastellorizo, fermato proprio da una telefonata in lingua tedesca, quanto le flotte greche e turche erano ad un passo dal punto del non ritorno. Perché dunque un'azione di chiara e reiterata provocazione proprio quando poteva essere individuata una fase di dialogo?
Con un duro comunicato Ankara ha reagito alla notizia della demarcazione della Zee tra Grecia ed Egitto, parlando di un «accordo inesistente». Secondo il ministero degli Esteri turco non esiste un confine marittimo tra Grecia ed Egitto, aggiungendo che «viola i diritti marittimi della Libia». Allo stesso tempo, il ministro degli Esteri ha minacciato Il Cairo, sostenendo che nel 2003 aveva evacuato un'area di 11.500 chilometri quadrati con l'accordo siglato con l'amministrazione greco-cipriota. Per cui il nuovo accordo con la Grecia le farebbe perdere le aree marittime. «Si stanno tentando di usurpare i diritti della Libia», ribadisce Ankara. Ma dietro la rottura cova la strategia turca, una partita che Erdogan non può permettersi di perdere perché lo stato comatoso della sua economia non gli consente altro se non sperare nel gas. Gli equilibri nell'intera area che va dal Mediterraneo orientale ai Balcani ha cambiato pelle: la Grecia è diventata un hub strategico per via del contemporaneo passaggio di tre gasdotti sul proprio suolo.
Anche per questa ragione gli Usa stanno privatizzando il porto di Alexandrupoli, nuovo snodo di energia, merci e militari. E Ankara visto che rischia di restare (legittimamente) fuori da queste dinamiche si muove all'impazzata. twitter@FDepalo
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