Esercito e rublo in crisi. E Putin all'improvviso non esclude il dialogo

La controffensiva ucraina avanza e la banca centrale alza (ancora) i tassi. Allo Zar restano solo i dittatori

Esercito e rublo in crisi. E Putin all'improvviso non esclude il dialogo
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Tra un dittatore e l'altro (dopo Kim è il turno di Lukashenko), Vladimir Putin rispolvera la passione per il teatro dell'assurdo. Dopo aver parzialmente invaso un Paese, bombardato civili, distrutto città e deportato decine di migliaia di minori dall'Ucraina alla Russia, motivo per cui è stato raggiunto da un mandato di cattura internazionale, come se nulla fosse se ne esce così: «La Russia non ha mai rifiutato negoziati sull'Ucraina, se la controparte li vuole, che lo dica». Ma dietro il viaggio di Putin oltre ai confini del comune senso del ridicolo, si nasconde una realtà che dalle parti del Cremlino nessuno vuole ammettere, nemmeno a mezza voce. La Russia è in difficoltà e la guerra la sta logorando, all'esterno e dall'interno.

Le sporadiche aperture al dialogo della Russia non arrivano mai a caso. Tra un «siamo la potenza più grande» e un «non possiamo che vincere», sbandierati qua e là, ogni tanto arrivano blande aperture. Quando? Quando, come adesso, la situazione si complica. Anche se il ministero della Difesa russo sta cercando di minimizzare i danni subiti, per esempio, a Sebastopoli le forze ucraine hanno colpito nel segno. Secondo quanto confermato anche dall'intelligence britannica, la nave da sbarco Minsk è stata distrutta a livello funzionale, mentre il sottomarino Rostov ha subito danni per cui non potrà più essere utilizzato. Colpita pesantemente anche la nave lanciamissili Samum, raggiunta da un drone sperimentale ucraino e rimorchiata in porto per riparazioni urgenti, dopo che alcuni droni marini erano stati intercettati dalle forze russe. Non solo. A Sud e ora anche a Est, l'esercito di Mosca è in grande sofferenza e la controffensiva ucraina sta lentamente ma inesorabilmente conquistando terreno. Ieri, sebbene sia ridotta a un cumulo di macerie, è stata liberata Andriivka, vicino a Bakhmut, e in generale villaggio dopo villaggio l'avanzata procede, anche se faticosamente. Ma oltre al fronte bellico, dove comunque Mosca può contare su una forte potenza di fuoco per proseguire i bombardamenti, preoccupa il fronte interno. Solo un mese fa la banca centrale russa aveva alzato il costo del denaro al 12% nel tentativo di frenare il crollo del rublo. Ieri i tassi di interessi sono stati nuovamente alzati arrivando al 13%. Con il rischio recessione dietro l'angolo, la banca centrale non esclude un nuovo aumento dei tassi per il prossimo futuro.

Campagna d'Ucraina a rilento e crisi economica che si associa a un sempre più stringente isolamento. Non a caso Kim Jong-Un e Alexander Lukashenko sono gli interlocutori di Putin del momento. «Minsk, Mosca e Pyongyang dovrebbero pensare ad una cooperazione tripartita», ha detto ieri il presidente bielorusso Lukashenko dopo il vertice con lo Zar in cui, come al solito, si è detto disponibile a qualsiasi cosa possa essere utile ad elevare il proprio ruolo di scendiletto favorito, dall'azione diplomatica a quella di cooperazione. Per quanto riguarda Kim, il Cremlino ci tiene a sottolineare che «Nessun accordo, nemmeno nel campo della cooperazione militare, è stato firmato durante l'incontro tra i due leader». Per ora. Prima si attende la visita di Putin a Pyongyang dalla quale lo Zar vuole tornare carico armi e munizioni. Intanto la visita in Russia del dittatore nordcoreano non si è conclusa.

Kim, nella regione di Khabarovsk, ha visitato uno stabilimento di aerei militari e civili dove, entusiasta, ha ispezionato il Su-57, il più avanzato e sofisticato jet da combattimento prodotto dalla Russia, e ha battuto le mani come un bimbo felice all'arrivo in pista del caccia Su-35. Una presenza imbarazzante quella di Kim, in un momento delicato e complesso per la Russia nel suo insieme. Ecco perché, proprio adesso, arrivano le prime deboli e informali aperture al dialogo.

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