Esposito, fine dell'incubo. Archiviato dopo sette anni

L'ex senatore Pd intercettato 32mila volte: "2.589 giorni d'inferno". I pm: "Accusa irragionevole"

Esposito, fine dell'incubo. Archiviato dopo sette anni
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Sette anni di tormento e poi un' archiviazione che lascia sbigottiti. Contro l'allora senatore Stefano Esposito, intercettato dal 2015 e raggiunto da un avviso di garanzia nel 2017, non c'era nulla. Nulla di nulla. E però per un lungo periodo Esposito è rimasto sotto inchiesta per accuse molto gravi: corruzione e traffico di influenze. «Mi hanno stroncato la carriera politica - spiega lui - e mi hanno rovinato la vita. Sono stai 2589 giorni da incubo». Ora il fascicolo raggiunge direttamente la soffitta, accompagnati dalle parole senza appello dei pm di Roma: l'ipotesi accusatoria appare «irragionevole».

E i due prestiti, il presunto prezzo della corruzione, sono stati restituiti e dunque non si capisce perché si sia indugiato così a lungo in un lavoro di scavo che non ha prodotto nulla. Esposito sarebbe stato comprato da un imprenditore torinese, Giulio Muttoni, pure prosciolto al termine di questa odissea. Iniziata a Torino, su impulso del pm Gianfranco Colace, e bocciata, altro record, tre volte in altrettanti momenti.

In prima battuta la Cassazione azzera l'indagine, spiegando che la competenza è di Roma. Non basta, perché la Corte costituzionale annulla a sua volta il rinvio a giudizio e pure la richiesta di rinvio a giudizio, perché basati su una serie di intercettazioni che cozzano contro la legge per la semplice ragione che Esposito era un parlamentare della repubblica, senatore del Pd.

Eppure è stato «ascoltato» qualcosa come cinquecento volte e centotrenta sono servite per puntellare il rinvio a giudizio. Per la cronaca, Muttoni è stato intercettato, in questa e nelle indagini collegate, trentaduemila volte. Numeri che si commentano da soli e suscitano interrogativi inquietanti.

A questo punto la procura di Roma deve gestire un dossier che ha perso per strada già molti pezzi. Ma i pm della capitale assestano il colpo di grazia ad un'indagine senza capo né coda: la sua messa a disposizione del ruolo di parlamentare viene definita un «congetturale spunto investigativo, non confermato dall'esito delle indagini».

Non c'è niente. «Le prove - concludono i magistrati della capitale - considerate nella loro individualità, e quindi in sintesi logica, non rivelano mai, in alcun caso, la loro concreta, ragionevole idoneità a dimostrare l'esistenza di un patto illecito».

«Oggi - afferma Esposito - la verità è emersa, ma resta l'amarezza per sette anni di sofferenze. Continuerò a raccontare la mia storia, affinché nessuno subisca ciò che ho vissuto io».

Al Csm, Colace e il giudice di Torino Lucia Minutella che dispose il rinvio a giudizio sono sotto procedimento disciplinare per non aver rispettato le prerogative parlamentari.

Insomma, questa storia ingloriosa lascia solo una montagna di macerie. Colace ha collezionato invece una serie di flop: fra le altre inchieste quella sullo smog nel capoluogo piemontese in cui erano indagati Sergio Chiamparino, Piero Fassino e Chiara Appendino. Anche qui tutto è finito in niente. E a marzo è stato assolto, dopo undici anni di processi, Piero Fassino, finito nel mirino del pm per presunte irregolarità nella gestione del Salone del libro.

Attenzione: quando Ermes

Antonucci del Foglio ha raccontato questo catalogo di passi falsi, l'Associazione nazionale magistrati di Torino ha scritto un comunicato in cui sosteneva che l'articolo era un «attacco che supera il diritto di critica».

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