Bari Condannato in primo grado per omicidio, assolto in appello per «non aver commesso il fatto». E così l'imputato può tornare in libertà dopo oltre quattro anni di carcere. È la parabola giudiziaria di Antonio Colamonico, 38 anni, accusato di aver ucciso una donna di 29 anni, Bruna Bovino, il 15 dicembre del 2013 a Mola di Bari.
Quel delitto, commesso nel centro estetico gestito dalla vittima, torna quindi a tingersi di giallo dopo una sentenza che azzera tutte le ricostruzioni investigative condotte fino a questo momento. Alla lettura della sentenza hanno assistito i familiari della vittima, che hanno subito lasciato l'aula in silenzio. Sollievo tra i parenti di Colamonico, moglie, genitori, fratelli e amici, che hanno urlato e applaudito dopo aver appreso dell'assoluzione. «Adesso è stata fatta davvero giustizia», hanno detto abbracciandosi uscendo dal tribunale. In lacrime la moglie, Rossella, e il gemello Giovanni, che ha detto di volerlo «portare in chiesa, nel luogo dove in questi anni ho tanto pregato». «Lo sapevamo dall'inizio che era innocente dice Matteo, il padre dell'imputato , sono cinque anni che lottiamo e la prima cosa che farò quando andrò a prenderlo dal carcere sarà portarlo da suo figlio, che adesso ha sette anni».
Fu un omicidio feroce. La 29enne, una ragazza italo-brasiliana, fu colpita per venti volte con un paio di forbici e poi strangolata. Il cadavere fu trovato sul pavimento in una pozza di sangue: era semicarbonizzato perché il killer diede fuoco al centro estetico prima di fuggire. Un modo per cancellare le prove e rendere più complicata l'inchiesta. Che però prese subito una direzione ben precisa. I carabinieri puntarono con decisione sulla pista passionale e i sospetti si concentrarono su Colamonico, all'epoca amante della vittima: secondo l'ipotesi sostenuta dall'accusa, fu lui a uccidere nel corso di una lite scoppiata quando comunicò all'estetista la volontà di chiudere la relazione.
Gli investigatori rilevarono sulle mani dell'indagato ustioni e graffi ritenuti compatibili con l'incendio e con ferite da difesa. Il 38enne fu arrestato il 12 dicembre del 2014 e il 2 luglio del 2017 fu condannato in primo grado dalla Corte d'Assise di Bari a 25 anni di reclusione; inoltre fu inflitta la pena accessoria della decadenza della potestà genitoriale.
Ma in appello lo scenario è completamente cambiato in seguito alle indagini difensive degli avvocati Nicola Quaranta e Massimo Chiusolo, accertamenti con i quali è stato scardinato uno dei punti fermi dell'inchiesta, vale a dire l'ora dell'omicidio: secondo la Procura la 29enne fu uccisa intorno alle 17, ma ci sono testimoni che assicurano di averla vista e salutata alle 18,20. E a quell'ora Colamonico come dimostrano le celle telefoniche era nella sua città, a Polignano a Mare.
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