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Evade dal carcere minorile Aveva ucciso due ragazzi

Condannato a 20 anni, è stato riacciuffato un paio d'ore. Ma è polemica sicurezza: c'erano solo due agenti

Andrea Acquarone

È un agosto da record. Di caldo, per quanto riguarda il meteo, e di evasioni, non d solo dalle città ma da queste nostre carceri disastrate. Con poche guardie, troppi prigionieri e sistemi di sicurezza evidentemente obsoleti. Dai regolamenti alle strutture. E così «dal fresco» si scappa, in tempo di ferie lecita la voglia. Qualche giorno fa un paio di albanesi se n'erano «iti» dal penitenziario di Civitavecchia; l'altro giorno idem per due sudamericani non rientrati dai permessi al Ferrante Aporti di Torino. Ultime in ordine di tempo, ieri, la fuga di una trentasettenne non rientrata a Torino dal permesso premio per incontrare i figli e quella di Paolo Enrico Pinna, 19 anni appena, ma una condanna a far rabbrividire: vent'anni per duplice omicidio. Lui, se n'è andato dalla prigione modello di Quartucciu, istituto in provincia di Cagliari, località Su Pezzu Mannu, costruito all'epoca delle carceri d'oro (1980-81). Avrebbe dovuto essere un carcere di massima sicurezza ma a fine 1983 si decise invece di utilizzarlo come istituto per minori. Il giovane, ormai è un «detenuto-adulto» qui ci era entrato da minorenne, prima o poi avrebbe dovuto essere trasferito in una penitenziario per «grandi». Quartuccio più che a una galera somiglia a un campus: cortile con aiuole, prato e alberi. Lo spazio verde per i colloqui con i familiari dotato di due gazebo. Poi ampi spazi sia per i laboratori che per tutte le altre attività di rieducazione, ciclo-officina, lavanderia, giardinaggio, musica, murales e giornalino. Senza dimenticare la bella palestra, i campi sportivi esterni: calcetto, calcio a 11, basket/tennis. Insomma un mondo protetto, preparato per - come si dice in gergo - l'attività «trattamentale» sui ragazzi detenuti, un sistema quasi fiduciario, tanto che il sistema di elettrificazione anti-scavalco del muro perimetrale non sarebbe mai stato attivato.

Pinna non ha dovuto fare nemmeno fatica per salutare. Nella struttura si gode di una certa libertà, le polizia carceraria - come spiega anche Luca Fais, segretario regionale del Sappe- «anche qui è sotto organico nonostante il numero limitato di ospiti. Nemmeno quindici in un luogo che dovrebbe ospitarne almeno il triplo. E ieri, al momento della fuga gli agenti erano appena due». Insomma uno spreco di denaro pubblico mantenere questo poco sfruttato «paradiso» per galeotti da recuperare. In questi giorni, tra l'altro, ci sono lavori in corso all'interno dell'Istituto, qua e là riparazioni e migliorie. Il giovane detenuto, che tra l'altro lavorava con gli operai, per scavalcare il muro di cinta ha usato tranquillamente una scala. Erano le 17, la sua fuga, proseguita su un trattore rubato, non è però durata molto. Voleva andare a nascondersi in Barbagia, terra selvaggia laddove un tempo si facevano sparire i sequestrati, luogo ideale per nascondere un latitante. Nemmeno un paio d'ore più tardi è finito è finito nella rete dei carabinieri a Maracalagonis, una decina di chilometri a Quartucciu. Difficilmente ora verrà rinchiuso nuovamente nel «campus».

Paolo Enrico Pinna era salito alla ribalta delle cronache per i delitti di Gianluca Monni, lo studente di 19 di Orune ucciso l'8 maggio 2015 mentre attendeva il bus per la scuola, e Stefano Masala, 29, di Nule scomparso le sera prima del delitto dello studente: a

quest'ultimo era stata rubata l'auto per far ricadere su di lui le colpe dell'omicidio di Monni. Una storiaccia che tenne gli investigatori impegnati per mesi. Impressionarono ferocia e movente: una lite in una sala da ballo.

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