«Fuga di mezzanotte» dal carcere di Rebibbia. Si sono calati con gli idranti direttamente in strada. Col favore del buio e, soprattutto, alle spalle di una telecamera, Davad Zukanovic, 40 anni, di origine bosniaca ma nato in Italia e Lil Ahmetovic, 46 anni, croato ma anche lui da sempre nel Belpaese, da ieri sono uccel di bosco. Chi li ha aiutati ad evadere dal complesso «reclusione», ovvero dalla «Casa di Reclusione» che si affaccia su via Bartolo Longo? Mistero. Fatto sta che i due, numerosi reati alle spalle legati al furto di auto, ricettazione e rapina, con pene definitive fino al 2029, sono liberi. Gli investigatori sarebbero già sulle loro tracce: «Zukanovic e Ahmetovic hanno le ore contate» dicono. I detenuti, o meglio gli ex detenuti, sono imparentati da parte di padre uno, di madre l'altro, con gli Halilovic, famiglia di etnia rom ramificata all'interno dei campi sosta di tutta la Penisola. Sono ben nascosti in un accampamento vicino, come quello di Castel Romano, di via Salviati o di villa Gordiani, o sono prossimi a varcare il confine? Imparentati, i due, soprattutto con alcuni membri della banda composta da cinque rom che un anno fa uccise, durante una razzia in casa, Anna Tomasino di 90 anni, colpita alla testa da Micki Trajkovic, serbo di 36 anni fermato al confine di Ventimiglia mentre cercava di entrare in Francia. Una fuga rocambolesca, quella di ieri, se non fosse stata «agevolata» da misure di sicurezza a dir poco insufficienti nel penitenziario romano. «Nei turni di notte il personale è ridotto al minimo - ricorda Daniele Nicastrini, segretario regionale Uspp, l'Unione Sindacati di Polizia Penitenziaria - questo a causa di politiche errate del ministero della Giustizia che in questi anni ha curato poco l'aspetto sicurezza». «Di fatto il sistema carcere - continua Nicastrini - fa acqua da tutte le parti. C'è un agente ogni 100 detenuti da vigilare senza avere la possibilità di vederli quando sono chiusi in cella, di notte, se non dallo spioncino». Gli agenti sono un fiume in piena. «I detenuti fuggono con ogni mezzo - spiegano - corde, lenzuola, idranti prelevati dalle postazioni antincendio. La scorsa estate c'è stata anche un'evasione durante una visita ambulatoriale dall'ospedale Sandro Pertini». A fuggire, nel 2014 e nel 2016, dal «Nuovo Complesso» altri cinque detenuti sempre con sistemi «cinematografici»: lenzuola annodate e corde. Fatti che portano all'allontanamento del comandante di reparto e al suo trasferimento alla Casa di Reclusione, dov'è avvenuta la fuga martedì notte. «O il comandante è sfortunato - conclude Nicastrini - oppure ci sono problemi nella gestione sicurezza».
Fra le carenze lamentate dagli agenti quella del personale: 144 unità rispetto alle 190 previste. Soprattutto le telecamere a circuito chiuso vecchie di anni, non sempre funzionanti, e il sistema «anti scavalcamento» con i sensori fuori uso.
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