"Per evitare tensioni tra toghe e politici si torni all'autorizzazione a procedere"

Il leader Mi: "I rapporti tra poteri dello Stato sarebbero più sereni ma i partiti valutino i fatti, senza nascondersi dietro i tempi dei processi"

"Per evitare tensioni tra toghe e politici si torni all'autorizzazione a procedere"
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«Per scontrarsi bisogna essere almeno in due. Ammesso e non concesso che la politica sia un'entità compatta, sono sicuro che la magistratura non lo è affatto». Il leader di Magistratura indipendente Angelo Piraino torna sullo scontro tra toghe e politica legato ai casi Santanché, La Russa jr e Delmastro e rilancia l'ipotesi - anticipata al Foglio - di ripristinare l'autorizzazione a procedere per restituire autonomia alla politica.

La magistratura vuole davvero fare opposizione al centrodestra?

«Chi parla di disegni politici orditi dalla magistratura dimostra di conoscerla poco, siamo una realtà molto più composita e disaggregata di quanto non appaia dall'esterno. Non esiste una Spectre nella magistratura italiana. Accade, invece, il contrario: le accuse di politicizzazione ci compattano, perché mettono in discussione l'imparzialità, che tutti noi indistintamente percepiamo come un valore irrinunciabile e un requisito essenziale della nostra funzione. In ogni caso bisogna porre fine a questa escalation di dichiarazioni, che rischiano solo di fare molta confusione e di intorbidire le acque, va sempre mantenuto aperto un canale di dialogo che resti indisturbato da questo rumore di fondo».

La riforma Nordio si mescola alle recenti indagini sui politici, l'imputazione coatta del sottosegretario Andrea Delmastro sul caso Cospito a qualcuno è sembrata una forma di abuso, di prevaricazione...

«Il gip ha il dovere di verificare l'operato del pm, sia quando chiede di processare un indagato che quando chiede di archiviare un'indagine. Senza questo controllo il pm potrebbe decidere da solo di insabbiare qualunque indagine».

Ammetterà che è un fatto raro che il gip ordini al pm di fare un processo...

«È un argomento che non dimostra nulla. Un controllo è utile solo quando viene attivato spesso? È come dire che un reato è inutile perché viene commesso poco, ma prevedere un reato serve proprio a evitare che certe condotte vengano realizzate».

E come se ne esce?

«Il problema è un altro: le tensioni fra politica e magistratura sono inevitabili, perché si verifica sempre che delle iniziative giudiziarie coinvolgano esponenti politici, con qualunque maggioranza di qualunque colore, è un fatto meramente statistico. In passato queste vicende non davano luogo alle stesse tensioni di oggi, forse perché esisteva una importante valvola, rappresentata dall'autorizzazione a procedere».

Ne auspica il ritorno?

«È un dato di fatto che nella prima fase dell'esperienza repubblicana questa prerogativa parlamentare, che esiste in varie forme in tutto l'Occidente, ha consentito di risolvere situazioni come quelle che si stanno verificando oggi».

La politica decise di privarsene. Un errore?

«Quando fu eliminata venne percepita come un odioso privilegio di singoli, ma forse bisogna riflettere sulla sua funzione oggettiva di rasserenare le tensioni tra i poteri dello Stato. Peraltro, proprio la storia recente che ha condotto alla sua abolizione ci dimostra che la politica paga un prezzo alto quando ne abusa. Ragionare di reintrodurre l'immunità parlamentare, inoltre, vuol dire attribuire alla politica il compito di valutare autonomamente la gravità di certi fatti. Oggi si tende sempre a rinviare il giudizio, affidandolo alla magistratura, si aspettano le sentenze anche di fronte a fatti oggettivamente gravi».

Invece?

«Con questo strumento si manderebbe un messaggio di segno opposto: la politica si dimostri capace di valutare autonomamente certi comportamenti, senza trincerarsi dietro il pretesto dell'attesa dei tempi della giustizia».

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