Da ex paziente Covid a primario dell'ospedale

Guiderà il reparto chirurgia ad Alzano, il paese simbolo della lotta alla pandemia

Da ex paziente Covid a primario dell'ospedale

Pierpaolo Mariani li ricorda tutti quei maledetti giorni.

L'epidemia che, nella fase più tragica dell'emergenza-Covid, lui ha vissuto nella doppia veste di contagiato e medico. Un periodo terribile cominciato a fine febbraio e proseguito per mesi ad Alzano (Bergamo), una delle aree dove il focolaio dell'infezione è stato più virulento. Il dottor Mariani, durante la pandemia era qui, tra le corsie del «Pesenti Fenaroli», il «suo» ospedale. In trincea, per combatter il morbo. Lui, e tanti altri. Camici bianchi che in quei frangenti di ansia, parcellizzata come polvere dolorosa, hanno capito il senso più alto e nobile della loro professione. Dopo aver patito sulla propria pelle gli effetti dell'infezione, la simbiosi con i propri pazienti ha aperto nuovi orizzonti; e quella che poteva essere una «famiglia» a volte un po' distratta e algida nei rapporti, si è riscaldata con l'energia di una relazione superiore al rapporto tra chi cura e chi viene curato. Ora Mariani è stato nominato dall'Asst Bergamo Est primario di Chirurgia dell'ospedale di Alzano, lo stesso in cui lavora dal 2018 e dove, quest'anno, ha assistito a scene che lo hanno cambiato sia come uomo sia come medico. I suoi ricordi sono cicatrici. Invisibili sulla pelle, indelebili nella mente. «Gli estremi addii tramite i display dei telefonini sono un'immagine angosciante che non dimenticherò mai - racconta al Giornale -. L'impossibilità di un ultimo abbraccio, di un bacio prima di non rivedersi mai più ha rappresentato l'aspetto più devastante di questo contagio. Chi ha avuto la fortuna di non essere testimone diretto di tanto strazio, dovrebbe stare attento a non lanciare messaggi profondamente sbagliati. La lotta al virus non è ancora vinta, e francamente resto allibito dall'atteggiamento di personaggi pubblici che, invece di usare la propria visibilità mediatica per assecondare stili di vita improntati alla prudenza e alla prevenzione, si lanciano in dichiarazioni di segno opposto». Quarantanove anni, nato a Gussago (Brescia), sposato, due figli, il dottor Pierluigi Mariani appartiene a quella categoria di medici che in corsia ha sempre una parola di incoraggiamento per tutti: «Questo virus ha imposto il distanziamento familiare, i malati non possono avere contatti con nessuno, eccetto che con noi operatori sanitari. Quindi medici e infermieri è come se avessero anche il ruolo di parenti, amici. Per questo un sorriso, una carezza, una parola di conforto diventano fondamentali per far sentire i pazienti meno solo con se stessi». Una solitudine che Mariani, da contagiato, ha diviso con la moglie: «Ci siamo ammalati insieme. Isolati in casa, i figli ci portavano pranzo e cena e medicine sulla soglia della porta. Al secondo tampone negativo mi sono precipitato ad Alzano, tra i miei pazienti. A fianco dei miei colleghi. La battaglia è stata lunga. Ora il peggio sembra essere passato. Ma guai a mollare. Una seconda ondata sarebbe devastante. Per questo non mi stanco di ripetere: manteniamo le distanze di sicurezza e usiamo la mascherina».

Una nomina, quella a primario, che per il dottor Mariani arriva in un momento storico particolarmente delicato: «L'ospedale di Alzano, dopo aver sofferto nel periodo clou della pandemia, ha saputo rialzarsi. E la stima immutata dei nostri pazienti, l'affetto di chi torna da noi per visite e operazioni, ci riempie di soddisfazione». Un modo per ricominciare. Con più forza di prima.

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