«In un film di qualche anno fa il figlio del protagonista chiedeva al padre Papà, qual'è il pesce più grosso dello stagno?. Quello che non si è ancora fatto prendere. Quel pesce, meglio sarebbe dire squalo, è Carlo De Benedetti». Così, sei anni fa, sul suo blog Beppe Grillo riassumeva a modo suo la carriera dell'Ingegnere. De Benedetti rispose annunciando querele. Ma, a parte le asprezze lessicali, gli esempi citati da Grillo avevano più di un aggancio nella realtà. «È reduce - scriveva il fondatore dei 5 Stelle parlando dell'allora editore di Repubblica - da una vita di successi, da Olivetti a Sorgenia, roba che neanche Attila»: due tra gli insuccessi più drammatici della storia imprenditoriale dell'Ingegnere, progetti ambiziosi finiti in disastri lasciandosi alle spalle montagne di debiti. E, in entrambi i casi, una scia di morti.
Parlare di Sorgenia e De Benedetti vuol dire, infatti, parlare soprattutto della centrale a carbone di Vado Ligure, gestita dalla società Tirreno Power controllata da Sorgenia, cioè da Cir. Un impianto energetico che, in anni in cui tutto il mondo si lanciava verso le centrali pulite e le fonti rinnovabili, continuava a sfornare kilowatt bruciando carbone come nell'Ottocento, e impestando i dintorni di fumi micidiali.
Per anni, il contrasto tra i due volti di Cdb, l'editore moralista e l'industriale inquinatore, è rimasto lì, eclatante. Al punto che nell'agosto del 2010 un gruppone di intellettuali e medici comprò una pagina sui quotidiani per chiedere conto con dieci domande a De Benedetti dei fumi che dalla sua centrale impestavano quel pezzo di costa savonese. «Perché non volete ammettere che le centrali a carbone uccidono? Perché mistificate la realtà dicendo che avete il carbone pulito così giocando con la vita della gente?».
Alle accuse di Beppe Grillo, nel 2014 De Benedetti rispose spiegando di essere un semplice socio di minoranza della Tirreno Power, «di cui Sorgenia detiene il 39 per cento», e di non avere alcun ruolo operativo nella gestione della centrale a carbone. È una risposta interessante, perché da un lato cerca di far credere che un socio che ha in mano quasi il quaranta per cento delle azioni non abbia alcuna voce nelle decisioni dei manager; e dall'altro afferma che «Tirreno Power ha sempre dichiarato di operare nel rispetto delle leggi nazionali e internazionali»: lasciando cioè ai manager di Vado la responsabilità di queste affermazioni. L'azionista del 39 per cento, insomma, rifila ai manager la patata bollente.
Ma cosa accadeva, intorno alla centrale di Vado Ligure? Risposta: una lunga strage silenziosa, strage di uomini, di bestie, di terreni. Non lo dice Beppe Grillo. Lo dice la Procura di Savona, che nel 2014 deposita una perizia che quantifica in 442 morti e 2mila ricoveri il costo ambientale della Tirreno Power. Il 12 marzo 2014 la centrale viene sequestrata e chiusa dal tribunale. Ne nasce una inchiesta per disastro ambientale che quattro anni dopo porta al rinvio a giudizio di 26 persone: non c'è De Benedetti, ci sono i manager che gli avevano garantito che andava tutto bene. E lui gli aveva creduto.
Per anni, la Tirreno Power ha cercando di delegittimare i periti della Procura, sostenendo che sono gli stessi consulenti dei gruppi ambientalisti in lotta contro la centrale. Ma l'anno scorso piomba nella vicenda una indagine del Cnr che fa venire i brividi: nei dodici comuni intorno alla centrale la mortalità è aumentata del 49 per cento, una percentuale mostruosa.
Intanto l'Ingegnere è uscito di scena: Sorgenia, in procinto di fallire sotto il peso di quasi due miliardi di debiti
con le banche, che l'hanno finanziata - scrive l'Ansa - senza garanzie, viene assorbita dalle banche stesse. Che poi la rivendono, portando a casa un miliardo. E l'altro miliardo prestato a De Benedetti, che fine ha fatto?
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