Sembra drammatico che in un'epoca così drammatica qualcuno si induca in turbamento se in modo goliardico si intoni Faccetta Nera. Nemmeno tutta, qualche verso canticchiato nel mezzo di una trasmissione radiofonica, La Zanzara, condotta da Giuseppe Cruciani e David Parenzo, e canticchiata anche da uno dei conduttori. E così l'assessore regionale finisce nel caos. Stiamo parlando di Elena Donazzan, assessore veneto al Lavoro e all'Istruzione. Venerdì scorso ha intonato Faccetta Nera: qualche verso ricordando di averla imparata da bambina e dimenticando qualche parola. Subito è montata la protesta, tanto che il Pd ha chiesto le dimissioni. Luca Zaia non intende di certo togliere una delle colonne portanti, ma ieri durante la conferenza stampa sul punto covid, ha richiesto le scuse. «Ha partecipato a La Zanzara - ha detto - in un contesto di una trasmissione che fa satira, è molto informale. Dico che l'assessore si deve scusare quanto meno conosco la sua sensibilità ha aggiunto - e quindi immagino abbia già provveduto. Faccetta Nera riprende un periodo storico buio della nostra storia, è inevitabile che molte persone vedano urtata la loro sensibilità». Il caso è stato segnalato dal coordinamento Il Veneto che vogliamo, civica che ha appoggiato il candidato di centrosinistra Arturo Lorenzoni alle ultime regionali. E ieri l'eurodeputata del Pd Alessandra Moretti si è sbizzarrita. «Prima di vederla entrare in consiglio regionale vestita di pelli e con le corna di bufalo ha detto rincarando la dose in riferimento a Capitol Hill - preghiamo il presidente a ritirarle ogni delega. La sciamana nera, al secolo Elena Donazzan, nega volontariamente la più elementare verità storica e si esibisce, orgogliosa, in diretta radiofonica cantando, senza vergogna, Faccetta Nera». In realtà ha spiegato Donazzan il suo intervento era riferito alla polemica che tiene banco in questi giorni sulla pasta le Abissine de La Molisana. «Ecco di cosa si occupa la sinistra italiana ha detto Donazzan - di fascismo. Sto subendo minacce e insulti: pazienza, non è la prima volta e non sarà l'ultima.
Se a sinistra, tra i pochi che condividono questa necessità, qualcuno si è sentito offeso, me ne scuso». Ma in serata arriva la censura social: il suo profilo non risulta più su Facebook né su Twitter né su Instagram. «Si chiama pulizia etnica», commenta lei.
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