La campagna acquisti di lotta e di governo, il bazar dei responsabili, il suk dei costruttori fatica a prendere forma e a portare all'incasso un numero sufficiente di senatori. La grande operazione di reclutamento non decolla. Italia viva resiste all'onda d'urto delle lusinghe, l'Udc si chiama fuori dal mercato, definendo non negoziabile il perimetro della propria azione politica. Le varie simulazioni che girano via Whatsapp tra i parlamentari faticano - anche in via ipotetica - a superare la soglia dei 156 e così nel pomeriggio arriva anche la frenata del grande tessitore, Clemente Mastella.
«Io non sono né pilastro, né costruttore, su questa crisi sono molto diffidente», dice il sindaco di Benevento intervenendo a Tgcom24. «Al momento - aggiunge - mi chiamo fuori perché, dopo aver cercato di dare consigli su come risolvere la crisi, sono stato attaccato sul personale». All'orizzonte Mastella vede più «un Conte ter con un rimpasto e un rientro di Italia viva» che «un governo Conte sostenuto da un'altra maggioranza con l'ingresso di responsabili». Ed è proprio questa la prospettiva che sembra prendere forma con sempre maggiore sostanza: Giuseppe Conte si presenta nell'aula del Senato, Italia viva si astiene, il premier non riesce a raggiungere quota 161 e sale al Colle a dimettersi. A quel punto torna a ottenere l'incarico e riapre la trattativa proprio con i renziani. Il punto è che non solo la variegata scialuppa di salvataggio dei Responsabili non si sta affollando come nelle previsioni, ma che anche nei Cinquestelle cresce il malcontento per un'operazione che oltre a non seminare entusiasmo tra gli elettori, non assicura certezze e solidità nell'immediato e in prospettiva. «Ora basta con questi presunti Responsabili, che non esistono. La via maestra è una: trovare un modo per ricucire lo strappo con Italia viva, serve un vero governo politico con più carattere. Non si può andare avanti a queste condizioni» racconta un parlamentare M5s di alto rango all'agenzia LaPresse, mentre perplessità simili si registrano nella chat pentastellate. Un malumore legato anche alle richieste dei responsabili che chiedono un adeguato riconoscimento. C'è anche la doccia fredda che arriva dall'Udc a gettare acqua sul fuoco delle speranze: «Non ci prestiamo a giochi di Palazzo e stiamo nel centrodestra. I nostri valori non sono in vendita» recita una nota diffusa dell'ufficio stampa dell'Udc. Mentre in Italia viva da una parte Riccardo Nencini - che pure aveva già fatto trapelare la propria disponibilità - chiede «un governo autorevole per poter ripartire», facendo capire di essere perplesso rispetto alla piega che sta prendendo la situazione, dall'altra il deputato Vito De Filippo abbandona i renziani e rientra nel Pd. E anche la Sudtiroler Volkspartei annuncia di essere pronta a sostenere Conte. Italia viva comunque attende oggi per dare una indicazione di voto definitiva, con Matteo Renzi che continua a chiedere coesione: «Non hanno i numeri, stiamo uniti».
Da un fronte all'altro, la partita a scacchi del rimescolamento delle casacche viene giocata anche dal centrodestra. Ieri il deputato Antonio Zennaro, ex M5s poi transitato nel gruppo Misto alla Camera senza iscriversi ad alcuna componente, ha aderito al gruppo della Lega. Lo ha formalizzato con una lettera al presidente della Camera Roberto Fico. È il secondo spostamento ufficiale di giornata dopo quello di De Vito da Iv al Pd. Antonio Tajani, invece, segnala che quattro o cinque senatori eletti con il M5s «guardano con attenzione al centrodestra».
«Ci sono dei senatori del Movimento 5 Stelle che soffrono molto nello stare in una maggioranza così litigiosa e divisa» dice il vicepresidente di Forza Italia. «C'è molto malumore. C'è più di un senatore che guarda con attenzione al centrodestra. Ma non è che noi andiamo a cercare transfughi. Parliamo di 4-5 persone».
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