Il paradosso della libertà è molto semplice: più senti il bisogno di rivendicarla, più significa che è in discussione. Il concetto si può estendere pari pari alla minaccia del Coronavirus. I nuovi casi di ritorno, anzi, «d'importazione», hanno rimescolato le carte rendendo la mappa del contagio molto più omogenea. La stagione delle vacanze, con gli italiani che hanno riconquistato la facoltà di spostarsi, è coincisa con una distribuzione del rischio su scala nazionale. Uno scenario a cui le Regioni non erano preparate, anzi sembravano egoisticamente volerlo allontanare dal proprio orizzonte.
Perciò è interessante analizzare oggi le campagne promozionali lanciate all'inizio di questa anomala estate. Quando poter esibire l'improbabile patentino di territorio «Covid free» sembrava indispensabile per assicurarsi un bottino di turisti capace di risollevare l'economia locale dallo sprofondo del lockdown. Così amministratori, creativi e social media manager hanno puntato quasi tutti sull'immagine di luoghi come d'incanto «immuni», ma qui l'app che avrebbe garantito il tracciamento non c'entra nulla. Da quel famigerato 21 febbraio in cui venne alla luce il «paziente 1», non abbiamo ancora vissuto un solo giorno a contagi 0, tranne sulle pagine patinate delle brochure turistiche. Medici e scienziati non hanno mai smesso di metterci in guardia in vista della probabile «seconda ondata», in compenso, a giudicare dagli spot in tv e sul web, la Sicilia è «un'isola felice», in Sardegna si è «sicuri di sognare», in Abruzzo «vivere d(')istanti è naturale», in Liguria «puoi» (fare tutto come prima?). La Calabria va oltre, dipingendosi non come la culla della Magna Grecia ma della «cultura del distanziamento sociale» (sic), contro il Nord inquinato e malato.
Lo spirito campanilistico ha ridotto la fase di convivenza con il virus in una fiera delle vanità. Pur di contendersi l'ultimo vacanziero reduce dalle privazioni della quarantena, le Regioni hanno fabbricato la cartolina taroccata di un'estate spensierata come tutte le altre, anzi di più. È la legge del marketing, si obietterà. Nessuno chiedeva ai responsabili della comunicazione di inventarsi slogan accattivanti usando guanti e mascherina, tuttavia messaggi all'insegna della prudenza e della responsabilità individuale sarebbero stati auspicabili.
Perché le discoteche-focolaio, le code in aeroporto per i tamponi a tappeto, le risse sui traghetti causa psicosi da contagio restituiscono una fotografia ben diversa da quella del Belpaese Covid-free. E se tanti italiani tornano dalle vacanze positivi, e non per la voglia di tornare in ufficio, vuol dire che la lezione di questi sei mesi non è servita. E che in ferie hanno «staccato», sì, ma solo il cervello.
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