A quelli del Pd appena passa una ossessione, ne viene subito un'altra. Non si fanno mai mancare niente. Per anni hanno rotto le scatole a destra e a manca (più che altro a destra) con la storia delle quote rosa: perché le donne devono essere presenti in politica, è giusto che abbiano una equa rappresentanza parlamentare e altrettanti posti di potere. Giustissimo. Infatti a capo del Pd c'è una signora e rischia pure di essere la prima donna premier. Ah no, scusate c'eravamo sbagliati con la destra. A dimostrazione del fatto che le quote non servono a un tubo, anzi sono delle scorciatoie umilianti che mortificano il merito. E infatti ora si sono inventanti la quota under 35: la nuova ossessione dei dem è quella dei giovani, i quali devono essere candidati, possibilmente come capolista, e poi sbandierati pubblicamente come delle figurine. È l'ostensione del «ragazzo» da esibire in tutte le piazze d'Italia come si fa con i santi.
Che poi, a pensarci bene, è la moda dell'altro ieri. Perché i primi a pensare che l'età fosse inversamente proporzionale alla preparazione sono stati i grillini che infatti, coerentemente, hanno trasformato il parlamento in un asilo, paracadutandovi dentro bamboccioni e incompetenti. Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Perché il mito del giovanilismo è solo una grandissima bufala. Ci sono giovani cretini e vecchi geniali. E viceversa. Ma il vero problema è che valutare le persone in base all'età è l'esatto rovescio della meritocrazia, è come esaminare un curriculum vitae fermandosi alla prima voce, la data di nascita, ed escludendo tutte le altre. Essere giovani non è necessariamente una virtù, valgono molto di più la competenza e la preparazione che spesso vanno di pari passo con un'esperienza che si matura solo con il passare degli anni.
E, come dicevamo prima, il nostro Paese ha già pagato un alto tributo al mito dei giovani. Specialmente se, come gli enfant prodige del Pd Raffaele La Regina e Rachele Scarpa, collezionano improbabili gaffe, strafalcioni e posizioni indifendibili. E allora ridateci quei vecchi signori canuti, avvolti nelle loro cravatte e confortati dalla loro tranquillizzante esperienza. Non sapranno parlare in corsivo e probabilmente non riescono nemmeno a confezionare una storia su Instagram e non padroneggiano i social come Chiara Ferragni, ma sanno il fatto loro. Cosa che, ultimamente, è merce rara.
E poi, cari paladini del politicamente corretto che ora «mettete al bando» gli anziani, vi avvisiamo che nel mondo anglosassone - che in queste cose è sempre un passo avanti - c'è già una etichetta per definire questo tipo di comportamento: ageismo. La discriminazione di una persona in base all'età. Progressista avvisato
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