Miracoli del caos grillino. Enrico Letta e Matteo Renzi, quelli dello «stai sereno» e del passaggio di campanella più imbronciato della storia, si incontrano due volte in due settimane. Dopo il vertice di un'ora in piena corsa Quirinale, il 26 gennaio a Montecitorio, si vedono di nuovo al Senato, a Palazzo Giustiniani. Legge elettorale, agenda Draghi, elezioni amministrative, il menù del colloquio. Oltre alla vicenda del Colle, con i leader di Pd e Iv in prima linea a stoppare un rinascente asse gialloverde, a favorire il dialogo c'è la situazione politica all'interno del M5s. E se già dopo la rielezione di Sergio Mattarella filtravano dal Nazareno segnali di sfiducia nei confronti dei pentastellati, il pasticcio sullo Statuto e la leadership sospesa di Giuseppe Conte impongono di guardarsi intorno. Letta incontra Renzi ben sapendo del veto dell'ex rottamatore nei confronti dei grillini. Un'ostilità ampiamente ricambiata dall'avvocato di Volturara Appula. E quindi si ragiona sulle prossime comunali, in un momento in cui non si sa nemmeno quante liste riusciranno a presentare i Cinque Stelle.
Renzi lavora a un nuovo centro, per il momento insieme a «Cambiamo» di Giovanni Toti, Letta vuole capire la praticabilità di un'alleanza sul territorio in vista dell'appuntamento di primavera. Quando andranno al voto ventitré capoluoghi di provincia, tra cui quattro città capoluogo di regione (Genova, L'Aquila, Palermo e Catanzaro). Si valuterà ogni singola situazione, ma l'alleanza è possibile in quei contesti dove M5s e Pd si presenteranno separati. Oppure dove il Movimento non correrà proprio. Eventualità che può diventare concreta in diverse città, dato il momento complicato dei 5s.
Letta è soggetto a una serie di spinte centripete. Giovedì il sindaco di Bergamo Giorgio Gori lo ha invitato ad allargare il campo ma al centro, a «riformisti e liberali» con un occhio a Forza Italia. Il modello - auspicato anche da Base Riformista ma che raccoglie consensi crescenti tra i dem - prevede un Pd che sia asse portante di una coalizione «Ursula», magari con Draghi di nuovo a Palazzo Chigi dopo le elezioni politiche dell'anno prossimo. Uno scenario visto con favore da diverse componenti del partito guidato da Letta, oltre che da quasi tutte le sigle centriste. «Conte è inaffidabile, non escludo che possa fare un altro governo con Salvini», dice un parlamentare del Pd che non vede l'ora di liberarsi dei 5s. Tra i dem non è passato inosservato nemmeno l'ultimo editoriale di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, in cui il direttore invita il M5s a «tenersi alla larga» dal centrosinistra. D'altronde crescono le spinte proporzionaliste un po' dappertutto. E questo è l'altro tema intorno a cui ruota il futuro di Renzi e Letta. Con una legge elettorale proporzionale, il centro immaginato dall'ex rottamatore può diventare indispensabile per il Pd per rimanere al governo. È da leggere in questo senso la recente apertura al proporzionale da parte di Matteo Orfini, dell'area dei «Giovani Turchi».
Letta, circondato, si fa trascinare dalla corrente che lo porta verso il centro, anche se l'alleanza strategica» con i grillini non è formalmente archiviata. Ma la probabile débâcle pentastellata alle comunali della prossima primavera e l'approvazione di una nuova legge elettorale potrebbero rappresentare l'epilogo del disegno giallorosso.
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