Ferragni "commissariata" dalla madre

Dopo Fedez messo alla porta anche il direttore generale della holding Fenice

Ferragni "commissariata" dalla madre
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Commissariamento «in famiglia» per Chiara Ferragni. Fabio Maria Damato, direttore generale e consigliere delle due società operative della nota influencer (Fenice e Tbs Crew), «a partire dal 16 giugno 2024 cesserà dalla funzione di direttore generale e consigliere di entrambe le aziende per perseguire altre opportunità professionali», si legge in una nota nella quale si specifica che «il cambiamento fa parte di un percorso di rinnovamento aziendale». Dietro l'avvicendamento del manager barlettano ed ex bocconiano che ha fatto da propulsore alla carriera di Ferragni nel mondo del fashion, è impossibile non vedere la longa manus di Marina Di Guardo, 62enne madre di Chiara, che dal 29 maggio scorso ha assunto deleghe operative all'interno di Sisterhood, la cassaforte che controlla il 32,5% di Fenice (cui fanno capo i marchi Chiara Ferragni) e il 100% di Tbs Crew (cui fanno capo il blog e l'e-commerce).

L'avvento di Di Guardo, con un passato da vicedirettrice in un negozio Blumarine, non era passato inosservato perché propedeutico al cambio di passo nella vita della figlia. Non è un caso che la separazione dall'esuberante marito, il rapper Fedez, sia stata interpretata da molti come un «amorevole consiglio materno». Il secondo passo è stato l'allontanamento dell'altra presenza ingombrante. Secondo fonti bene informate, sarebbe stato proprio Damato a scegliere la linea dura nei giorni del «Pandoro-gate», lo scandalo legato alla falsa comunicazione secondo cui ogni confezione del pandoro Chiara Ferragni di Balocco nel 2022 avrebbe comportato una donazione all'Ospedale Regina Margherita di Torino, mentre la donazione si limitava a soli 50mila euro a fronte di un cachet non esiguo per Ferragni & C. L'Antitrust per questa forma di pubblicità ingannevole ha sanzionato sia Fenice per 400mila euro che Tbs Crew per 675mila euro, un danno di immagine aggravato anche dai risvolti penali. Su Instagram la replica di Damato. «Lo scorso febbraio, dopo attente e inevitabili riflessioni, ho deciso di dare le dimissioni (quindi no, non sono stato licenziato)», ha scritto precisando di aver acconsentito alla richiesta «di restare fino a giugno».

E poiché l'immagine è il principale asset di Chiara Ferragni intesa come «azienda» e non come persona, nell'allontanamento di Damato non si può non intravedere anche l'intervento di Paolo Barletta, l'imprenditore romano che con il suo incubatore Alchimia è il principale investitore di Fenice con il 40% delle quote. Barletta ha distaccato il co-fondatore del suo venture capital, Lorenzo Castelli, a occuparsi direttamente di Fenice. Nell'organigramma della società è entrato come consulente anche Alessandro Marina, nome noto nell'ambito della moda. L'obiettivo è semplice: riaccendere l'interesse del mercato su Chiara Ferragni perché se il 2023 ha risentito solo in minima parte delle défaillance (c'è da aggiungere anche la vicenda uova di Pasqua Dolci Preziosi), il 2024 per Fenice e Tbs sicuramente si sta rivelando difficile (niente più accordi con Safilo e L'Oreal). Secondo indiscrezioni, ci sarebbe bisogno di equity per almeno 5 milioni. A inizio 2024 è saltato anche l'accordo di investimento con Avm Gestioni che avrebbe dovuto rilevare il 26% di Fenice da Alchimia per 19,5 milioni (con una valutazione di 75 milioni).

E proprio l'anno prossimo scade un bond Alchimia da circa 15 milioni (storia raccontata sul Giornale dell'1 febbraio). Il rimborso non è un problema, ma non sarebbe il massimo se la Fenice non dovesse risorgere dalle proprie ceneri.

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