A lla fine, pur non avendo un volto, sia Banksy, probabilmente il maggior artista contemporaneo della scena mondiale, che Elena Ferrante, scrittrice (o scrittore) del nostro paese - in classifica dei libri più venduti in ogni parte del globo - hanno attraversato, ognuno a suo modo, il proprio specifico settore artistico sino a raggiungerne la vetta.
Bene, dunque oggi è possibile diventare famosi e ricchi senza avere un volto? È possibile essere intervistati, seguiti, amati, senza che i consumatori sappiano con chi hanno veramente a che fare? Sì. Nel duemila è possibile. Sebbene, allo stesso tempo, con la facilità che i mezzi di comunicazione oggi offrono, sembra incredibile che artisti noti in tutto il mondo possano mantenere una identità segreta e nel contempo lavorare, fare mostre, dare libri alle stampe, lanciare film e documentari, vincere premi, senza mai essere scoperti, trovati, individuati. Sebbene siano tra le più ambite prede di caccia dei media, questi artisti senza volto, oggi evitano la «cattura» grazie a tecniche raffinatissime ed antiche.
È un'era, questa, che indubbiamente favorisce gli invisibili (come coloro che si nascondono dietro falsi profili sui social network), un tempo che fa la grancassa al «no logo« della Klein che esalta il «non» apparire per poi, in realtà, amplificare con la «non presenza» ogni apparizione. Come se la dinamo di questo meccanismo fosse dunque la «trovata» (perché di trovata vorremmo parlare) studiata a tavolino per rendere de facto un nome - privo di volto ma ricco di contenuti - esclusivo testimonial di una assenza. Uno strano meccanismo che in qualche modo rende il marketing delle persone un po' vudù, parola che deriva dal termine africano «spirito», «divinità» o, ancor più letteralmente, «segno del profondo». Dunque, diciamocelo: il non apparire alimenta la spinta dal profondo, fa sembrare buono ciò che è solo valido, bellissimo ciò che è solo bello, comunica con estrema facilità senza le pericolose intermediazioni di un volto, di una frase, di una risposta.
Per capirci ancora meglio due citazioni, entrambe intorno a Nanni Moretti. La prima, mitologica ormai, da un suo film: «Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?». La seconda, è del grande regista Dino Risi che parla di Moretti e del rapporto di questi con i suoi film: «Nanni, adesso scansati e fammi vedere il film!». L'assenza (come la presenza) rimane una indiscussa opzione, come si intuisce.
Certo, Banksy o Elena Ferrante un problema ce l'hanno: l'affetto dei loro estimatori non possono riceverlo direttamente. È la loro opera che assorbe il sentimento popolare.
Loro, invece, sentono che si parla di essi e vorrebbero magari urlarlo ai quattro venti «Sono io la Ferrante, sono io Banksy», ma non possono farlo, difendono la loro identità come 007 in missione segreta; non hanno necessità di stile, di look, di discorsi costruiti dagli uffici stampa. Per loro parlano i testi, i film, i quadri, i muri. Le opere.
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