Fico si traveste da Boldrini: "I porti non li avrei chiusi"

Il presidente della Camera difende le Ong. Ira di Di Maio Pd, Leu e intellighenzia si entusiasmano: parole di verità

Fico si traveste da Boldrini: "I porti non li avrei chiusi"

«Sull'immigrazione servono intelligenza e cuore», dice Roberto Fico. Vaste programme, chioserebbe il generale De Gaulle, visto che a gestire la questione c'è il governo grillo-leghista.

Fatto sta che il presidente della Camera fa la sua parte in commedia: pensoso, accorato, un po' commosso (e apparentemente per nulla umiliato di aver appena clamorosamente perso il sondaggio grillino sui vitalizi, «meglio Fico o la Kasta?», nel quale è finito stracciato dalla Casta), il barbuto esponente Cinque stelle va a Pozzallo e difende le Ong che Salvini vorrebbe affondare a cannonate: «Quando si parla di Ong bisogna capire cosa si vuole intendere. Fanno un lavoro straordinario», dice. Fa anche il garantista, alla faccia del Guardasigilli e collega di partito Bonafede: «L'inchiesta di Palermo è stata archiviata, l'inchiesta di Catania da un anno non cava un ragno dal buco. Quindi bisogna capire bene di chi si parla e chi le finanzia, se no si fa cattiva informazione. Le Ong nel Mediterraneo hanno salvato i migranti». Poi l'affondo, in apparente collisione con la linea del suo governo e del suo amico ministro Toninelli: «Io i porti non li chiuderei».

Dichiarazione interessante anche da punto di vista linguistico, visto che Fico sta ben attento a trincerarsi dietro il condizionale: io non li chiuderei, poi fate un po' come vi pare. Insomma, il presidente della Camera, cui è stata cucita (grazie ad un'antica militanza nei centri sociali partenopei) l'etichetta di «leader della sinistra grillina», fa quel che deve fare: la sua non è dissidenza (che nel partito della Casaleggio è consentita quanto nell'Urss di Breznev) ma copertura di un fronte elettorale. L'alleanza con la Lega e l'appiattimento di Luigi Di Maio sulla linea salviniana stanno erodendo consensi al M5s, le scene drammatiche dal Mediterraneo dove affondano barconi carichi di bambini in fuga dalla guerra yemenita possono turbare pezzi di elettorato grillino cattolico o confusamente di sinistra.

Ecco dunque pronto l'antidoto: un presidente della Camera buono che invoca il «cuore», le ong e i porti aperti. E poi torna a Montecitorio, allineato e coperto, mentre il vice premier Di Maio fa trapelare che le sue sono opinioni «rispettabili» ma personali, e che il governo è «compatto» sulla linea dura. «È il suo punto di vista personale», lo liquida Matteo Salvini. Punto e a capo, avanti come prima.

Il problema, però, è che a sinistra ci cascano come polli. Non tanto gli elettori, quanto i dirigenti politici: ieri da Leu al Pd era tutto un peana per Fico. Qualcuno forse per tattica politica, nella speranza di far scoppiare quelle «contraddizioni in seno al popolo» che - sperano, con qualche ingenuità - potrebbero mettere in difficoltà la maggioranza. «Apprezzo le giuste parole di Fico - dice il reggente Pd Martina - ora mi auguro voglia muoversi verso la maggioranza e verso il suo partito». Si commuove addirittura Fornaro di Leu, che definisce lirico quelle di Fico «parole di verità» che «rompono il muro di ipocrisia» grillina su Salvini. È la vecchia e fallimentare teoria bersaniana del «grillini buoni e di sinistra-leghisti cattivi e di destra», perseguita da chi voleva un governo centrosinistra-Cinque stelle. Più perspicace, Laura Boldrini invita il suo successore a spiegare come intende «relazionarsi» con il suo governo, «che fa il contrario di ciò che dice lui».

Si entusiasma Gad Lerner («Benvenuta la presa di distanza di Fico dalla oscena guerra alle Ong») ma anche il senatore dem Magorno, che parla nientemeno che di «lezione di umanità e di autonomia di pensiero» di Fico. E la Casaleggio ringrazia.

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