Neanche il tempo di incassare un importante proscioglimento, dopo mesi di gogna mediatica, e per l'eurodeputato di Fratelli d'Italia Carlo Fidanza arriva un siluro giudiziario che potrebbe portare alla sua decadenza in base alla legge Severino. La Procura di Milano, la stessa che giovedì aveva chiesto l'archiviazione dell'accusa di finanziamento illecito scaturita da una lunga inchiesta del sito Fanpage, annuncia con un comunicato di essere intenzionata a chiedere il rinvio a giudizio di Fidanza per corruzione aggravata. Nella ricostruzione dell'accusa, a Fidanza spetta il ruolo del corruttore: avrebbe ottenuto le dimissioni di un consigliere comunale del suo stesso partito offrendogli in cambio l'assunzione del figlio come assistente parlamentare a Strasburgo. Il giovane, Jacopo Acri, risulta tuttora sul sito dell'Europarlamento come «assistente locale» di Fidanza. Stando alle intercettazioni, l'obiettivo di Fidanza era rimpiazzare in consiglio comunale il padre di Acri, di cui non aveva grande stima, con il primo dei non eletti, di sua stretta fiducia. Si tratta di Giangiacomo Calovini, anche lui raggiunto ieri dalla richiesta di rinvio a giudizio insieme a Fidanza e Acri senior, nonché all'ex vice-coordinatore regionale di Fdi, Giuseppe Romele, nel frattempo tornato in Forza Italia.
Pezzo forte del teorema d'accusa, un messaggio di Fidanza trovato sul telefono di un indagato: «Abbiamo capito cosa vuole Acri? (...) Se serve per levarlo dai cogl.... sono disponibile a dargli un vitalizio di 1000 euro al mese fino a fine legislatura, magari mettendo sotto contratto non lui ma uno/a che lui ci dice, per agevolare la fuoriuscita». Di fatto, al figlio diciottenne di Acri sarebbe stato garantito un posto fisso fino al 2024 a Strasburgo in cambio della rinuncia del padre a una carica pressoché gratuita come quella di consigliere comunale.
Non un affarone, per Fidanza. Ma l'incongruenza non è bastata a convincere i pm dell'insussistenza dell'ipotesi di corruzione. Nell'atto conclusivo delle indagini si legge che il piano sarebbe stato «perseguito attraverso più riunioni tra gli indagati» a Milano negli «uffici di Fidanza», ma anche a Roma nella sede nazionale di Fratelli d'Italia».
Fidanza, insomma, rimane sulla graticola, a ventiquattr'ore dalla archiviazione sulla fantomatica «lobby nera» guidata dal barone «sovranista nazionalpopolare» Roberto Jonghi Lavarini che avrebbe procurato finanziamenti illeciti all'esponente di Fdi: le registrazioni effettuate dal giornalista che si era infiltrato nell'entourage di Fidanza «non hanno trovato alcun riscontro», hanno scritto i pm. Anche dalla nuova accusa, però, Fidanza si dichiara certo di potersi difendere efficacemente: «Con la stessa serenità che mi ha caratterizzato negli scorsi quindici mesi dimostrerò che non c'è stata alcuna corruzione e tanto meno alcun uso improprio di risorse pubbliche».
Per una curiosa coincidenza l'avviso di chiusura delle indagini a carico di Fidanza ruota intorno allo stesso tema, il
mercato degli incarichi di assistenti all'Europarlamento, dell'inchiesta sulla cricca del Qatargate. Ma lì non risulta che la Procura milanese abbia deciso di indagare, limitandosi a fornire assistenza ai colleghi belgi.
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