Il figlio del papà killer: "Spero abbia la pena che merita"

Chiesto l'ergastolo per il geometra che uccise la moglie e la figlia. Il 24enne in aula per la requisitoria

Il figlio del papà killer: "Spero abbia la pena che merita"
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«Spero che abbia la pena che merita, ho pensato a mia madre e a mia sorella». Nicolò Maja, 24 anni, come sempre in aula per il processo a carico del padre Alessandro, accusato di aver ucciso la moglie e la figlia 16enne, dice poche parole a commento della richiesta di condanna arrivata ieri. Il pm ha invocato per l'imputato la pena dell'ergastolo.

La sentenza della Corte d'assise del Tribunale di Busto Arsizio è attesa per il 21 luglio. Alessandro Maja, geometra 58enne con un lavoro nel design a Milano, ha confessato di aver ucciso a martellate nel maggio del 2022 la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia nella loro casa di Samarate. L'uomo ha tentato di uccidere anche il figlio maggiore, che è sopravvissuto, ha subito una serie di interventi chirurgici e altri ne dovrà affrontare. Oggi è in sedia a rotelle. La richiesta dell'ergastolo è stata pronunciata dal pm Martina Melita.

Nel corso del processo l'imputato è stato sottoposto a una perizia psichiatrica che ha escluso l'impossibilità di stare in giudizio per Maja e lo ha dichiarato capace di intendere e di volere al momento dei fatti nonostante un disturbo della personalità. Le parti civili, cioè i familiari delle vittime, hanno chiesto un risarcimento di 3 milioni di euro. La difesa invece, con l'avvocato Gino Colombo, ha contestato il risultato della perizia disposta dalla Corte e ha chiesto che venga riconosciuto all'imputato il vizio parziale di mente e che quindi venga esclusa nel computo della pena l'aggravante della crudeltà. In questo modo arriverebbe uno sconto rispetto al carcere a vita. Maja aveva parlato in aula nelle scorse udienze, chiedendo perdono «per qualcosa di imperdonabile». La mattina del 4 maggio 2022 venne trovato sporco di sangue e fuori di sé all'esterno della casa di famiglia. Durante la notte aveva colpito le vittime, credendo di aver ucciso anche il primogenito, ferito comunque gravemente alla testa. Il movente della strage sarebbe stata la condizione di «ansia e angoscia», come ha detto lui stesso negli interrogatori, per la paura di perdere il benessere economico e per problemi finanziari che gli sembravano «insormontabili». Maja considerava i propri familiari la causa di questa condizione.

Nicolò, che partecipa alle udienze spesso indossando una maglietta con le foto della mamma e della sorella

minore e spesso affiancato dal nonno e dallo zio materni, aveva dichiarato: «Non riesco a provare odio però il perdono in questo momento è difficile. Sono emotivamente stanco. Non ho ancora una risposta esaustiva sul perché».

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