La figuraccia dei maschi in mezzo agli eroi

Perché, non siamo tutti uguali?...» è stata la provocazione di un uomo che sa ancora fare l'uomo e pertanto malsopporta i rigurgiti di emancipazione femminista della donna di oggi. Pensa, evidentemente, che portino alle estreme conseguenze e che le estreme conseguenze, a quel punto, vadano accettate di buon grado. Per questo lui, che le donne e i bambini li avrebbe fatti salire per primi sull'elicottero di salvataggio giunto sopra al traghetto in fiamme, ringhia la sfida: «Se siamo tutti uguali, allora abbiamo diritto di metterci in salvo tutti allo stesso modo e nello stesso momento, o no?».

«No, che non siamo tutti uguali perché quando hanno paura, gli uomini menano e passano avanti» abbiamo risposto a quella specie di reclame del maschio che ci stava (...)

(...) davanti ed era lì a subirsi comunque l'onta di appartenere a un genere (anche) vigliacco. Ci è sembrata una barbarie nella tragedia quella andata in scena sulla Norman Atlantic al momento dei soccorsi. È vero che dal cielo sono piovuti i maschi eroi a mettere in salvo tutti quanti, donne e bambini per primi: degli Edmond Dantès col brevetto da pilota. Ma è vero anche che a bordo c'erano gli «uomini». Lividi, tremanti e terrorizzati che spintonavano e calpestavano e picchiavano per passare avanti, agganciare quella scaletta dondolante e scappare via di lì: dal fumo, dal freddo, dalle onde. Alla malora le donne e pure i bambini.

«È stato allucinante perchè i militari portavano prima bambini, donne e anziani al livello dove potevano salire sull'elicottero, ma c'erano almeno una cinquantina di uomini, soprattutto turchi, iracheni e pachistani, che li picchiavano, tiravano loro i capelli e li buttavano fuori per prendere il loro posto. Anch'io sono stata picchiata e trascinata, hanno tentato di tirarmi giù dalle scale, ma ho reagito con forza. Ho detto: “Tocca a noi!”» ha raccontato il soprano Dimitra Theodossiou che si trovava a bordo della nave. E anche un camionista greco, Christos Perlis, ha descritto esterrefatto la stessa scena: «Gli uomini hanno cominciato a colpirci per poter entrare per primi. Non hanno preso in considerazione le donne o i bambini, niente». E nemmeno davanti all'aerosoccorritore dell'Aeronautica militare, Fernando Rollo, sceso a bordo per prelevare i passeggeri in quello che ha definito «uno degli interventi più complicati della sua vita» si sono vergognati. Nemmeno davanti «all'uomo che salva», gli altri «uomini» si sono sentiti invadere da una vergogna che li tenesse composti. «Appena la cesta o il verricello calavano sul ponte il desiderio di scappare da quella trappola diventava più forte di tutto e mille mani assalivano l'imbracatura» ha spiegato «Si scavalcavano tra di loro, urlavano e si strappavano di mano la fune. Per cercare di mettere in salvo, come si fa sempre, prima i bambini, le donne, gli anziani e i feritiho gridato e minacciato più volte di andarmene con l'elicottero e lasciarli lì» ha detto Rollo. E chissà come si è dovuto sentire lui, uomo, a dover minacciare altri uomini perché si ricordassero di esserlo.

Vorremmo che fosse un brutto episodio ma non lo è. La norma sociale di salvare prima donne e bambini nelle tragedie in mare è una delle leggi non scritte della marineria, ma in realtà, quando le navi affondano, vince il «si salvi chi può». Il naufragio del Titanic è stato uno dei rarissimi casi nei quali donne e bambini hanno davvero avuto la precedenza.

Ma nelle grandi tragedie in mare, le donne sopravvissute sono solo la metà rispetto agli uomini ed è andata anche peggio per i bambini, nei quali i tassi di sopravvivenza sono i più bassi in assoluto. Un po' come il livello del nostro rispetto nei confronti degli uomini che non sanno di essere maschi.

di Valeria Braghieri

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