E forse, dopo tre-anni-tre, ce la facciamo a mettere la parola fine alla pandemia che ha travolto le nostre famiglie, i nostri ospedali, le nostre abitudini. Che ha messo in ginocchio la nostra economia. E che ha ucciso 182mila persone.
«Il Covid non è più una pandemia e non è nemmeno un'endemia» decreta l'agenzia del farmaco Aifa e sono parole che suonano come musica. Soprattutto se con la mente torniamo solo all'anno scorso, quando erano a rischio i pranzi di Natale coi parenti, la scuola in presenza ed era tutto un metti e togli di mascherine che ci sembrava perfino normale.
«È un virus che in questa fase mantiene una circolazione diffusa nella popolazione di vaste aree del globo come quello di Dengue e Hiv - spiega il virologo Giorgio Palù, presidente Aifa - Continuerà ad essere presente con picchi nella stagione invernale assieme agli altri virus respiratori ma la sua letalità su stima globale è ora dello 0,045% rispetto all'1-2% di quando ha esordito nel nostro Paese, quindi meno letale dell'influenza che questa settimana».
Continueremo a vaccinare i più fragili e, anzi, non ci si dimentichi che è stata proprio la vaccinazione di massa a permetterci di arrivare a questo risultato. Per di più Omicron si è stabilizzata e con l'autunno, contrariamente a quanto si temeva, non sono spuntate nuove varianti nè più veloci nè più pericolose.
In una sorta di bilancio, il virologo Guido Silvestri, a capo del board internazionale dell'istituto Spallanzani di Roma, cita il lavoro pubblicato su Bmj che ha valutato l'efficacia dei vaccini in bambini e ragazzi durante l'era Delta e l'era Omicron. Gli esperti concludono che l'efficacia del vaccino nella prevenzione della mortalità sia rimasta elevata in questa fascia d'età indipendentemente dalla variante circolante. «Chi ne ha sostenuto l'utilità, come il sottoscritto - dice Silvestri - non ha 'messo a repentaglio la salute dei nostri figli', come qualcuno ha scritto, ma ha contribuito a salvare vite di bambini e adolescenti. Chi invece ha remato contro dovrà vedersela con la propria coscienza».
«C'è purtroppo ancora un sacco di gente non vaccinata tra i 70 e gli 80 anni e queste persone, purtroppo, se prendono Omicron, muoiono esattamente come si moriva prima, finiscono in terapia intensiva come prima, finiscono intubati e con il casco come prima» tiene a precisare Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, che sostiene sia passato un concetto sbagliato su Omicron. Si è pensato fosse meno aggressiva rispetto alle stime. In realtà è diventata meno aggressiva perchè abbiamo lo scudo dei vaccini.
Quest'anno a mettere a rischio il pranzo di Natale sono l'influenza e le altre malattie respiratorie che hanno un'incidenza di cinque volte superiore rispetto al virus: 16 adulti e 60 bambini ogni mille abitanti. «Come previsto, la stagione fredda porta con sé il consueto aumento dei casi di influenza. Dobbiamo spaventarci? Assolutamente no. Cosa dobbiamo fare? Innanzitutto vaccinare le persone fragili e gli anziani» suggerisce Francesco Vaia, direttore generale dell'Inmi Spallanzani di Roma.
La Mers, ribattezzata «influenza del cammello», è una patologia che conosciamo dal 2012, è un coronavirus che ha un'alta letalità e che non si riesce a controllare da allora nelle regioni del Medio Oriente. Sta colpendo soprattutto i bambini e, in base ai dati Iss, alcune regioni hanno già superato la soglia di intensità: Piemonte, provincia autonoma di Bolzano, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Abruzzo.
«È sostanzialmente come il Covid e durante la stagione provocherà qualcosa come 10 milioni di casi complessivi» spiega il virologo Fabrizio Pregliasco.
«Vedendo i dati del report Influnet - spiega Antonello Maruotti, ordinario di Statistica dell'Università Lumsa - l'influenza ha raggiunto il picco per tutte le fasce d'età, anche tra i bambini 0-4 anni, la fascia più colpita e non è detto che scenda.Per le altre fasce, 5-14 anni, 15-64 anni e over 65, potrebbe essere la prima fase di discesa. Questa e probabilmente la prossima settimana saranno le settimane peggiori».
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