Galeotto fu Pillon: sul nome del senatore leghista che del fondamentalismo cattolico di sapore medievale ha fatto un vezzo, come dell'immancabile papillon, la maggioranza ieri è andata in panne.
La Lega lo vuole come relatore cui affidare la gestione del ddl sul fine vita, che dopo l'approvazione alla Camera deve ora passare per le forche caudine del Senato. Il centrodestra, che punta ad affossare la legge, lo appoggia con entusiasmo visto che non ha nascosto di considerare quel testo opera del demonio: «Ha vinto la Morte», commentò sobriamente quando la legge passò a Montecitorio. Il centrosinistra considera la sua nomina inaccettabile: «Sarebbe una chiara provocazione, un mezzo per bloccare l'iter della legge», denuncia Giorgio Trizzino di Azione.
Ieri, a Palazzo Madama, ci sono state ore di baruffe, riunioni convocate, interrotte, rinviate e poi sconvocate. Ma alla fine il vertice dei capigruppo di maggioranza del Senato ha rimandato ad oggi l'appuntamento con l'ufficio di presidenza delle commissioni Salute e Giustizia - cui è affidato il testo - perché manca ancora un'intesa. Il centrosinistra ha controproposto di nominare relatori i due presidenti di commissione: Annamaria Parente di Iv e Andrea Ostellari del Carroccio. La Lega ha rifiutato, perché il regolamento di Palazzo Madama avrebbe dato il ruolo prevalente, in base all'anzianità, a Parente. Ora si tratta per moltiplicare i relatori a quattro, in modo da «neutralizzare l'ostruzionismo di Pillon», spiegano i dem. Che danno per scontato che il leghista col farfallino sarà comunque della partita. Oggi l'ufficio di presidenza delle due commissioni è convocato alle 14 per la nomina, nella speranza che nelle trattative della notte si sblocchi l'impasse.
La legge disciplina la facoltà di chi è affetto da patologie irreversibili e con prognosi infausta di metter fine volontariamente alle proprie sofferenze, e risponde alle indicazioni della Corte costituzionale, che ha sollecitato già da anni il Parlamento a riempire il vuoto legislativo.
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