Il finto popolo degli indignati

Una delle disgrazie della sinistra italiana è che da un quarto di secolo ha cercato di farsi sostituire da finti movimenti di cittadini indignati, colorati, inscatolati

Il finto popolo degli indignati

Una delle disgrazie della sinistra italiana è che da un quarto di secolo ha cercato di farsi sostituire da finti movimenti di cittadini indignati, colorati, inscatolati, sempre fingendo una agitazione clinicamente rilevante ma che poi non sanno riconoscere la loro stessa data di scadenza. Uno di questi popoli estinti è il cosiddetto «Popolo viola» che due giorni fa si è autoconvocato nella grande piazza Santi Apostoli di Roma per opporsi e impedire l'elezione di Silvio Berlusconi alla presidenza della Repubblica. Erano meno di cento e pronunciavano slogan più sgualciti della povera bandiera che inalberavano. Il loro insuccesso era totale e ridicolo, tant'è vero che i giornali maggiori si sono sentiti in dovere di darne notizia con il mesto tono dei funerali di un caro estinto di cui non si ricorda il nome. La storia dei cosiddetti «popoli» cominciò negli anni '90 con manifestanti agitati e sconclusionati quanto oggi il popolo dei no-vax, da cui attingono la stessa malattia paranoide spacciata per indignazione.

Queste compagnie teatrali di strada sono state amorevolmente nutrite da scaltri organizzatori dell'odio, proprio loro, maestri dell'arte di odiare e quindi intimamente razzisti, intimamente antisemiti, intimamente ignoranti, e con la pretesa e la supponenza di essere addirittura la parte più alta dell'anima civile di un Paese che nei millenni ha prodotto civiltà e cultura anche per il resto del mondo. Erano tutti quanti lì, ieri l'altro in piazza Santi Apostoli, compresi i familiari dei familiari.

Il Paese reale non c'era, ma queste cento, o forse 101 persone, intendono promuovere una insurrezione contro il Parlamento nel caso in cui scegliesse di eleggere per il Quirinale Silvio Berlusconi, che ha servito il suo Paese creando un vero e maggioritario movimento politico e che ha governato per lunghi anni, certamente migliori di quelli che viviamo, con il consenso di milioni di italiani. Dunque, l'evento, oltre che ad essere ridicolo e annichilito da un totale insuccesso, ha anche il tono e il cipiglio di una insurrezione contro la Costituzione, malgrado la sua insignificanza pratica.

E allora, stando così le cose, ci chiediamo come mai partiti che affondano la loro tradizione nella storia repubblicana, si servano di queste modeste «Bande Bassotti», affette per lo più da palesi disturbi paranoidi. Eppure il Partito democratico li appoggia e gli dà fiato.

Quel partito, il Pd, che rivendica le radici nel Partito comunista italiano e nella Democrazia cristiana, don Camillo e Peppone, che mai si sarebbero sognati di delegare a quattro straccioni urlanti l'amministrazione del loro patrimonio ideale e culturale. È mai possibile che il vuoto pneumatico ideale di quel partito renda accettabile qualsiasi ciurma? Eppure questo dovrebbe essere il momento dell'unità e non dell'odio. O almeno così ci era stato detto.

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